Un antico mestiere Il Funaio - ‘U funéere o 'U cordare
Città e territorio
I funai erano bravissimi e valenti artigiani che facevano le funi a mano. Avevano come attrezzo di lavoro una grande ruota, in ferro o legno, a doppia faccia, di almeno un metro di diametro, che era fatta girare da un ragazzo di nove, dieci anni, (u uagnone che mene la rote), con al centro una manovella. Essa era collegata mediante una puleggia o funi all'aspo, supporto di legno su cui vi erano quattro o cinque rotelle munite di ganci a cui si legava il filo di spago che doveva essere filato. Il tutto era fissato su una pesante base di legno.
Il funaio legava lo spago ad una ruota del naspo, che era fatta girare dalla grande ruota, poi doveva, mentre la ruota continuamente girava, collegare spago dopo spago con un filo di canapa. Il trefolo che si veniva a formare era tenuto stretto nella mano dal funaio con una "pezza" di un vecchio cappello. Nasceva così l'embrione della corda, il trefolo. In rapporto all'uso erano prodotti tanti tipi di corde che erano vendute a peso con la stadera.
I mastri funai lavoravano, per lo più, sempre all'aperto in quanto non era possibile fare diversamente poichè la lunghezza delle funi era minimo di metri venti. A quel tempo erano rari i locali chiusi di con tale lunghezza.
Per avere una fune o corda occorreva realizzare la commettitura che consisteva nell'unire quattro trefoli, fili prodotti precedentemente, che erano attorcigliati facendo girare la ruota velocemente mentre il funaio doveva tenere e far scorrere un " mazzuolo" (un piccolo tronco di cono con scanalature), partendo dalla parte finale ove un altro operaio o ragazzo doveva reggere un "ferro a sfera"con un gancio. A seconda degli usi da farne, la fune, più o meno spessa, era formata da fili o da corde sottili. Quale materia prima in un primo tempo veniva usata la canapa grezza o stoppa, poi venne utilizzato lo spago che era servito alle mietilegatrici durante la mietitura del grano per legare un fascio di spighe, i covoni. Questo spago era raccolto, poi, dagli agricoltori e venduto ai funai. Questi, di poi, faceva sciogliere a pagamento i nodi da alcune donne, indi batteva o faceva battere da operai un capo dello spago in modo da poterlo connettere durante la lavorazione con della canapa che aveva legata sulla sua cintura. Secondo il numero di trefoli utilizzati, il funaio realizzava cordami semplici o composti. L'artigiano nel filare procedeva a ritroso.
Di poi, per tenere sollevato da terra il trefolo, il filo che veniva prodotto, si utilizzavano dei cavalletti di legno con sulla sommità infisse diverse punte (chiodi) che dovevano trattenere il trefolo.
Nel passato le funi erano molto richieste. Se ne faceva largo uso in tutti i mestieri. Il contadino e il pastore le usavano per legare le bestie al pascolo, per assicurare il carico al basto, per allungare le briglie, per legare la legna in fasci, per costruire recinti mobili e occasionali ( le reti) allo scopo di tenere chiuse le bestie durante la notte e poterle meglio vigilare contro i malviventi e i lupi. I muratori usavano le funi per tirare su il materiale di lavoro, mentre il carrettiere le usava per legare le merci che trasportava sul carretto e per azionare la martellina (freno), per guidare i cavalli tramite le redini; le donne le usavano per stendere i panni lungo le strade ed i campanari per suonare le campane, Spesso servivano per sostituire le cinghie per reggere i pantaloni dei contadini, di poi, ai bambini servivano per giocare con gli archi, da cui facevano scoccare le frecce di ferro, e le bambine usavano la fune per saltellare, e così via.
Per fare una fune grossa dapprima erano prodotte diverse funicelle di piccola e media grandezza, poi queste erano legate alle ruote di un naspo più grande, nel numero di due, tre o anche quattro e venivano attorcigliate. La ruota doveva essere girata in continuazione. Durante la lavorazione nella prima parte l'artigiano funaio andava a piccoli passi indietro, tirando e bagnando continuamente il filo di corda, fino a quando non terminava il trefolo, invece procedeva normalmente quando si doveva procedere a torcere i trefoli o le corde sottili per formare quelle più doppie.
I cordami di Monte Sant'Angelo erano molto ricercati tanto che venivano esportati oltre che nella provincia di Foggia in quelle di Napoli, Campobasso, Chieti, Bari, Avellino, Termoli e molte altre.
Mio padre, da giovane, ha svolto il lavoro del funaio in Monte Sant'Angelo. Per procurarsi la materia prima veniva saltuariamente a Gravina, luogo prettamente agricolo, ove comprava dagli agricoltori lo spago usato per legare i covoni.
In seguito per evitare le spese di trasporto dello spago, decise di trasferirsi a Gravina ove, oltre alla produzione delle funi e alla loro vendita associò la vendita di altri prodotti utilizzati per l'agricoltura (tela di canapa, zolfo, solfato di ferro, nitrati e concimi). Il primo luogo utilizzato per la lavorazione delle funi fu largo Cappuccini, nei pressi del frantoio Losacco, di poi Via Alchimia, per passare, infine, in via Corato. Successivamente durante l'inverno o nelle giornate piovose sul terrazzo coperto appositamente predisposto.
Con la trasformazione delle materie e con l'ammodernamento delle tecniche utilizzate in agricoltura il mestiere del funaio andò continuamente in disuso fino a scomparire negli anni sessanta.
Matteo Fusilli
(Le immagini sono tratte da: www.storiatifernate.it; www.eurofuni.com)