Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia
Politica e cultura
Simone Martini, La Maestà, sala del Mappamondo, Palazzo pubblico di Siena
Nel giorno della Solennità di Maria Vergine Madre di Dio i primi protagonisti sono i pastori e le parole che dicono. Sono parole che suscitano stupore: “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori”. Lo stupore nasce da ciò che dicono e dal fatto che sono proprio loro a pronunciare quelle parole. I pastori sono gli emarginati, esclusi soprattutto rispetto alla vita della Torah, della Legge. Ma proprio a loro Dio fa conoscere questo avvenimento e a loro dà la chiave di lettura di ciò che sta accadendo: “oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Non c’è nulla di miracoloso a Betlemme. Nessuna teofania, nessuna luce o terremoto: “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. Una scena come tante altre. Un uomo, una donna e un neonato, addirittura adagiato in una mangiatoia.
La salvezza passa sotto gli occhi degli uomini in una normalità disarmante. Nessuno raccoglie reliquie o scatta una foto perché rimanga memoria di un evento straordinario. Dio ha scelto di farsi carne, di vivere la vita umana perché la vita umana fosse vissuta al modo di Dio. Per decenni questo l’avvenimento di Betlemme rimarrà nella memoria di chi lo aveva vissuto e la storia di questa famiglia sarà una storia simile a quella di tante altre. Dio rispetta i tempi dell’uomo, i tempi della crescita, vive fino in fondo la condizione umana, parla il linguaggio dell’uomo perché l’uomo possa vivere la vita divina dentro la sua carne.
Maria. Maria, a differenza dei pastori, ha conosciuto l’annuncio dell’angelo Gabriele, ha ascoltato le parole di Elisabetta, ma anche per lei si tratta di camminare perché quelle parole prendano una forma e una concretezza che ancora lei non conosce. Per questo Maria “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”: non importa capire tutto e subito, ma aderire all’azione di Dio che si dipana attraverso avvenimenti e incontri.
In che modo quel bambino “sarà grande” Maria non lo sa. Come suo figlio “regnerà sulla casa di Giacobbe” Maria non lo comprende. Quando questo bambino “sarà chiamato Figlio di Dio” Maria non lo può immaginare. La Vergine Madre custodisce i fatti e le parole, le medita, le mette insieme come si compone un puzzle, come si uniscono le note di uno spartito la cui musica si è intuita ma ancora non si conosce. Il nome che viene dato a questo bambino è quello con cui era stato chiamato dall’angelo. L’identità di questo bambino non è dettata né da Giuseppe né da Maria: loro obbediscono e rispettano la missione con cui il bambino viene al mondo.
Don Andrea Campisi ilnuovogiornale.it