Sul monte con Gesù per imparare ad ascoltarlo
Politica e cultura
La Trasfigurazione, Ivanka Demchuk, Gesso e pittura su tela
Pietro, Giacomo e Giovanni, sempre loro tre: oggi testimoni di una bellezza inaspettata, tra qualche settimana testimoni di un altro volto del loro Maestro, quello dell’angoscia del Getsemani. Ma oggi guardano attoniti, là sul monte, perché le cose belle avvengono “in disparte” come a dire nel mistero del cuore, guardano incantati quel che sta avvenendo sotto i loro occhi. Occhi increduli, sbigottiti, come quelli dei bambini. O come i nostri occhi, quando improvvisamente incontrano i colori di un tramonto, o la bellezza di un albero fiorito e, sempre, quando siamo innamorati. Roba da mettersi la mano sulla bocca, da sentire il fiato mozzato dallo stupore: un’apnea di felicità. Così saranno rimasti quei tre sul monte nel vedere Gesù, ancora sporco e impolverato dal cammino, risplendere di luce, con il vestito così candido e radioso da attirare tutta la loro attenzione. Non si sa cosa dire quando qualcosa di tanto fulgidamente bello irrompe nella nostra vita, si resta a balbettare, a ripetere «che bello, ma che bello!» E capita anche a noi di voler prolungare quella luce, di cercare di estenderla nel tempo, di volerci accomodare nell'estasi di quel momento. Ma, lo sappiamo bene, dura poco, sul monte con Gesù come nella nostra vita: resta solo, nel petto, quello squarcio di luce. A incoraggiare nei momenti di buio, a ricordarci che la luce c’è. «Scavalcare il muro d’ombra di ciò che appare, per cogliere l’intimità di ciò che vive nel profondo delle cose. Superare il banco di nebbia degli avvenimenti per capirne le linee di tendenza e afferrarne il senso definitivo. Leggere in trasparenza» (don Tonino Bello). Come sarà stato difficile, anche per i tre discepoli, e non solo quando la nube li avvolse, leggere in trasparenza. Che vuol dire leggere aldilà, vedere oltre, trovare il tempo di vegliare e resistere su ciò che non si vede, di oltrepassare il visibile. Com'è difficile per noi oggi restare aggrappati a quei brevi momenti di luce, dar spazio a quella continua inquietudine d’infinito. Solo un invito viene fatto a noi e ai discepoli: «Ascoltatelo!», solo questo può bastare per far ritorno a malincuore, con gli occhi ancora abbagliati, tra la folla e le fatiche di ogni giorno. Non ci saranno parole a spiegare, a raccontare, a far solo lontanamente immaginare quel che è accaduto: che il silenzio custodisca la luce, la protegga e le permetta di straripare dentro la vita, perché «non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale» (Wisława Szymborska).
Luigi Verdi avvenire.it