Se non alzi il tuo capo non vedrai l'arcobaleno
Politica e cultura
Scipione Compagni (Napoli, 1624 Circa- Post 1680)
Ricomincia da capo l'anno liturgico, quando ripercorreremo
un'altra volta tutta la vita di Gesù.
L'anno nuovo inizia con la prima domenica d'Avvento, il
nostro capodanno, il primo giorno di un cammino (quattro settimane) che conduce
a Natale, che è il perno attorno al quale ruotano gli anni e i secoli, l'inizio
della storia nuova, quando Dio è entrato nel fiume dell'umanità. Ci saranno
segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in
ansia per ciò che dovrà accadere.
Il Vangelo non anticipa la fine del mondo, racconta il
segreto del mondo: ci prende per mano e ci porta fuori, a guardare in alto, a
sentire il cosmo pulsare attorno a noi; ci chiama ad aprire le finestre di casa
per far entrare i grandi venti della storia, a sentirci parte viva di una
immensa vita. Che patisce, che soffre, ma che nasce.
Il mondo spesso si contorce come una partoriente, dice
Isaia, ma per produrre vita: è in continua gestazione, porta un altro mondo nel
grembo. La terra risuona di un pianto mai finito, ma il Vangelo ci domanda di
non smarrire il cuore, di non camminare a capo chino, a occhi bassi.
Risollevatevi, alzate il capo, guardate in alto e lontano,
la liberazione è vicina. Siamo tentati di guardare solo alle cose immediate,
forse per non inciampare nelle macerie che ingombrano il terreno, ma se non
risolleviamo il capo non vedremo mai nascere arcobaleni. Uomini e donne in
piedi, a testa alta, occhi nel sole: così vede i discepoli il Vangelo. Gente
dalla vita verticale.
Allora il nostro compito è di sentirci parte dell'intero
creato, avvolti da una energia più grande di noi, connessi a una storia
immensa, dove anche la mia piccola vicenda è preziosa e potente, perché gravida
di Dio: «Cristo può nascere mille volte a Betlemme, ma se non nasce in me, è
nato invano» (Meister Eckart).
Gesù chiede ai suoi leggerezza e attenzione, per leggere la
storia come un grembo di nascite. Chiede attenzione ai piccoli dettagli della
vita e a ciò che ci supera infinitamente: “esisterà pur sempre anche qui un
pezzetto di cielo che si potrà guardare, e abbastanza spazio dentro di me per
poter congiungere le mani nella preghiera” (Etty Hillesum).
Chiede un cuore leggero e attento, per vegliare sui
germogli, su ciò che spunta, sul nuovo che nasce, sui primi passi della pace,
sul respiro della luce che si disegna sul muro della notte o della pandemia,
sui primi vagiti della vita e dei suoi germogli. Il Vangelo ci consegna questa
vocazione a una duplice attenzione: alla vita e all'infinito. La vita è dentro
l'infinito e l'infinito è dentro la vita; l'eterno brilla nell'istante e
l'istante si insinua nell'eterno. In un Avvento senza fine.
Ermes Ronchi novena.it