San Basilio Magno al Piaggio
Città e territorio
La chiesa rupestre San Basilio, sita nella "Lama Chiascio" (oggi Piaggio), ebbe origine coeva a tutte le altre cripte esistenti nella vallata della "Gravina". Nella lama si trovavano le chiese rupestri di "Santa Maria della Neve seu del Piagio" su cui si innestò l'attuale chiesa e parrocchia dedicata a Santa Lucia, la chiesa di "Santa Maria de Chiancone ", la chiesa di 'Santa Caterina". Non molto distante da esse si trovava la chiesa rupestre dedicata a Sant' Andrea, oggi in fondo a "Cavato Sant'Andrea". L'origine di dette chiese va riportata all'epoca della diffusione del Cristianesimo nelle contrade di Gravina. La prima testimonianza scritta, relativa proprio alla chiesa di San Basilio, la rinveniamo in un intervento del vescovo pro tempore, monsignor Bosio, che nel 1569, a seguito del Concilio di Trento e del Sinodo Diocesano, volle la riparazione di alcune chiese e la chiusura di altre, seriamente compromesse. Nella visita dello stesso vescovo (1574) fu registrato che la chiesa era chiusa con chiave, era costruita "tota sub lapide" ed era annessa alla Mensa Vescovile. Nel 1579, Lucio Francullo e Francesco Deserto di Gravina, chiesero a monsignor Giulio Ricci, vescovo della citta, il ripristino del culto della chiesa, considerata molto povera e, quindi, "male acconcia". Dalla supplica di Francullo e Deserto, allegata agli atti della visita, si evince che alcuni abitanti del rione Piaggio, confinanti con la chiesa grotta, mostrarono particolare interesse a far si che la chiesa fosse profanata "per poi in usus fedidos convertirla e di sopra edificarla per comodità di loro case in diservitio d'Idio et preiudicio di tutto ii vicinato". I richiedenti per evitare la profanazione di quel luogo sacro, ove erano seppelliti molti antenati e parenti, assunsero l'onere di riparare e dotare l'antica chiesa, per ripristinarla ai divini uffici. Le due famiglie, Francullo e Deserto, tennero però conto anche delle esigenze dei convicini, "sprovisti e poveri" che non potevano andare alla "madre ecclesia" o in altre più lontane, mentre sarebbe stato pia facile andare nella loro chiesa di San Basilio. Per questo si impegnarono a trasformarla in cappella con una comoda porta di accesso; a rifare il campanile, ad appianare la strada antistante, a creare una scala che congiungesse la via soprastante (Via Orto del Giudice Mondea, oggi Calderoni) alla strada Sana Lucia antistante la chiesa; a far celebrare due messe alla settimana a proprie spese. Monsignor Ricci concesse loro la chiesa, la costituzione del beneficio, con gli obblighi di fare i lavori necessari e metterla nelle condizioni di essere riaperta e mantenuta al culto.
La chiesa-grotta San Basilio fu uno di quei luoghi, che sino ai primi anni del Novecento svolse la funzione di chiesa e luogo di incontri spirituali per tutti gli abitanti circostanti. Per molti anni, però, rimase chiusa, inutilizzata e, quindi, sconsacrata, sconosciuta ai gravinesi e agli studiosi delle cripte eremitiche e degli apogei sacri. Si sapeva solo l'esistenza, attestata da un vecchio e piccolo campanile in tufo, che ancora svetta nella sua semplice struttura. Nessuno aveva mai indagato tra le fonti, nessuno aveva raccolto la memoria orale degli anziani frequentatori del luogo sacro. Oggi sappiamo che la cripta appartiene alla famiglia Marchetti, che, dal lontano 1788, divenne proprietaria della casa sovrastante la chiesa. Infatti, da un atto di vendita, rogato da notar Pietro della Nave (10 dicembre 1788), si desume che il magnifico don Michele MarculIi vendette al canonico don Pietro Marchetti una casa palaziata, sita nel luogo detto "Sopra il campanile di San Basilio" confinante con la casa dei fratelli Calderoni, tra cui la cappella annessa con un "altarino". Il fu dottor Luca Marchetti e germani quando vendettero la detta casa, si riservarono la proprietà della chiesa che, dopo anni di chiusura totale, venne riaperta al pubblico il giorno 7 dicembre 1999, con una manifestazione organizzata dall'Associazione "Amici della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi" che presentarono la loro ricerca scientifica sul monumento.
Fonte:
Fedele Raguso e Marisa D'Agostino, Gravina-San Basilio Magno al Piaggio-Habitat rupestre, Chiesa-Beneficio, Tragni Altamura, 1999