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Quel dolore di madre che è fonte della sua fede

Politica e cultura
Cristo e la donna cananea, Disegno di Rembrandt Harmensz van Rijn, Museo Getty, Los Angeles

La donna delle briciole, questa cananea intelligente e indomita, che non si arrende alle risposte brusche di Gesù, è uno dei personaggi più simpatici del Vangelo: riesce perfino a far cambiare idea a Gesù. Una donna pagana lo “converte” da maestro di Israele a pastore di tutto il dolore del mondo. Infatti non si esce indenni dall’incontro con il fuoco, con la splendida arroganza di un amore di madre. La donna nel racconto parla tre volte. La prima parola contiene la più antica di tutte le preghiere cristiane: Kyrie eleison, Signore pietà. Ma non dei peccati della mia bambina, bensì del suo dolore. E Gesù non le rivolse neppure una parola. Come ogni madre la donna non si arrende, dice e ridice il suo dolore, alza la voce fino a che provoca una risposta, ma scostante e brusca: sono venuto per quelli di Israele, non per te e tua figlia. La donna invece di abbandonare, rilancia. Sbarra il passo a Gesù, si butta a terra davanti a lui, e dal cuore erompe la seconda parola, tutta passione: Signore, aiutami!
Ancora una volta la risposta è dura: il pane dei figli non lo si getta ai cani. E qui sboccia la genialità della madre, nella sua terza parola: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola. Fai una briciola di miracolo, per noi, i cagnolini del mondo! Per il mio cucciolo, per mia figlia. È la svolta del racconto. Potente, la madre crede con tutta se stessa, che non ci sono cani e figli, uomini e cagnolini. Ma solo fame e creature da saziare; che il Dio di tutti è più attento al dolore dei figli che alla loro religione. La madre non conosce la teologia eppure conosce Dio dal di dentro, lo sente pulsare nel profondo delle ferite di sua figlia. Può sembrare una briciola, può sembrare poca cosa, ma le briciole di Dio sono grandi come Dio stesso. Gesù è come folgorato da questa immagine, si commuove: Donna, grande è la tua fede! Lei che non va al tempio, che non legge i Profeti, che prega gli idoli cananei, è proclamata grande nella fede. Lei sa che il dolore è sacro, che le lacrime convocano tutta la compassione di Dio; che la persona, con la sua sofferenza, viene prima della religione. Nel giorno in cui avremo poca fede o troppo dolore, quando verrà, dal fondo dell’essere, solo un gemito senza parole «Ho paura, aiutami, sto affondando», in quel momento Dio si farà vicino come pane per i figli, come briciole per ogni cucciolo d’uomo. «Grande è la tua fede». Grande è ancora la fede sulla terra, perché grande è il numero delle madri, donne di Tiro, di Sidone, di dovunque, che non sanno il Credo o il catechismo, ma sanno il cuore di Dio. Sanno che Dio ama con cuore di carne, con cuore di madre.
Ermes Ronchi avvenire.it




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