Quanto conto per te?
Politica e cultura
Consegna delle chiavi - Raffaello - Victoria and Albert Museum, Londra
Ogni anno, verso la fine dell'estate, la liturgia ripropone la bellissima domanda di Gesù, ogni anno con un evangelista diverso: ma voi chi dite che io sia?
Inizia con un «ma», una avversativa, quasi in opposizione a ciò che dice la gente, perché non si crede per sentito dire, né per tradizione o per allinearsi alla maggioranza. Come un amo da pesca (la forma del punto di domanda ricorda quella di un amo), che scende in noi per agganciare la risposta vera: ma voi, voi dalle barche abbandonate, voi che camminate con me da anni, voi amici che ho scelto a uno a uno, che cosa sono io per voi? Gesù non cerca parole, cerca rapporti (io per te); non vuole definizioni esatte ma coinvolgimenti: che cosa ti è successo, quando mi hai incontrato?
La sua domanda assomiglia a quelle degli innamorati: quanto conto per te?
Che posto ho, che importanza ho nella tua vita? Gesù non ha bisogno della risposta dei dodici, e della mia, per sapere se è più bravo degli altri profeti, ma per sapere se sono innamorato, se gli ho aperto il cuore. Cristo non è nelle mie parole, ma in ciò che di Lui arde in me.
Il nostro cuore può essere la culla o la tomba di Dio. La risposta di Pietro ha due tempi: Tu sei il Messia, sei la mano di Dio, la sua carezza, il suo progetto di libertà. Poi aggiunge: sei il figlio del Dio vivente. Colui che fa viva la vita, il miracolo che la fa fiorire, grembo gravido, fontana da cui la vita sgorga potente, inesauribile e illimitata. Beato te, Simone, roccia...
Pietro decifrando la sacralità di Gesù, ha esplorato qualcosa della propria. L'ho provato anch'io: ogni volta che mi sono avvicinato a lui, che mi sono fermato e l'ho pregato davvero ho scoperto qualcosa di me; ho capito meglio chi sono e che cosa sono venuto a fare quaggiù. Forse anch'io piccola roccia?
Non certo macina da mulino, ma piccola pietruzza soltanto. Eppure, per lui, nessuna piccola pietra è inutile. Ciò che legherai, ciò che scioglierai... Non si tratta del potere di assolvere o scomunicare gente, ma la rivelazione che in noi cielo e terra si abbracciano. Gesù non è venuto a instaurare altri poteri, ma ha capovolto il sistema del potere in quello del servizio.
Non porta in dote un potere, ma una possibilità: diventare una presenza trasfigurante anche nelle esperienze più squallide, più impure, più alterate dell'uomo. Facendo cose che Dio solo sa fare: perdonare i nemici, trasfigurare il dolore, immedesimarsi nel prossimo, vivere vita donata, gesti che dentro hanno eternità. Un potere trasfigurante che porta Dio nel mondo, e il mondo in Dio. Che può fare di ciascuno di noi una piccola pietruzza sulla quale edificare una porzione di mondo nuovo.
Ermes Ronchi novena.it