Monastero di Santa Teresa a Gravina in Puglia
Città e territorio
Il terzo monastero di vita claustrale femminile, il monastero delle Carmelitane Scalze in Gravina, veniva eretto canonicamente il 9 giugno 1699, da monsignor Marcello De Cavaleriis , vescovo di Gravina, che il giorno seguente dichiarava aperto l’anno canonico del noviziato. Il 16 luglio 1700, come si evince dal registro delle monacazioni, emettevano i voti religiosi 16 coriste e 4 converse, il 15 ottobre dello stesso anno altre 6 coriste, tutte giovanissime.
Vi erano molte vocazioni perché fin dagli inizi del’600, Sua Eminenza Monsignor Vincenzo Giustiniani, (1593/1614), eresse in Gravina un Conservatorio per fanciulle bisognose con annesso orfanotrofio, che furono chiamate le “penitenti”; vestivano l’abito di saio delle Cappucinelle, portavano camicie di lana, si alzavano nella notte per pregare, vivevano di elemosina questuando di giorno nella città.
Questo Conservatorio si mantenne per un certo tempo così come era stato istituito da Monsignor Giustiniani. Al tempo di monsignor Ricci (1630/1633), fu convertito in conservatorio di clausura e da allora le ricoverate non uscirono più, né andarono questuando per la città.
Vivendo a loro beneplacito e vestendo chi l’abito delle clarisse e chi l’abito secolare, nella maniera che a ciascuna faceva più comodo, continuarono a vivere in comune, e non avendo un refettorio, mangiavano nelle rispettive celle accanto al letto.
Pagavano liberamente quando potevano e ricevevano al parlatorio chi volevano. Per essere ammesse in tale conservatorio occorreva una dote che, da 150 ducati salì a 200 e poi a 300 con la facoltà di poterla ritirare in caso di uscita e con l’obbligo di lasciarla a beneficio del conservatorio se trascorrevano in esso tutta la loro vita. Ad istanza della Madre badessa suor Teresa Lacedonia, ed altre suore, questo conservatorio fu trasformato in convento di clausura seguendo le costituzioni dell’ordine delle Carmelitane Scalze di Santa Teresa; le stesse che si osservavano dalle monache del conservatorio di Santa Maria di Napoli.
Adempiute le condizioni imposte dalla Sacra Congregazione, quali l’idoneità del fabbricato a vita di stretta clausura, la sufficienza delle suppellettili sacre e profane, l’adeguata entità delle rendite annue, etc, il 6 giugno 1699, monsignor De Cavaleris , potè emanare il Decreto di erezione canonica del tanto atteso monastero. Quest’ultimo prese definitamente il nome di Santa Teresa e la diocesi di Gravina vedeva il sorgere del terzo monastero di vergini totalmente separate dal mondo e consacrate a Dio. Monsignor De Cavaleriis, nel decreto di erezione del monastero delle Carmelitane Scalze di Santa Teresa, precisò tra l’altro:
1. Che esso doveva “ rimanere assoggettato in tutto alla giurisdizione….dei vescovi di Gravina”.
2. Che le claustrali non dovevano mai superare il numerus clausus.
3. Che la loro dote non doveva essere inferiore a 350 ducati, cui dovevano aggiungersi 50 scudi per le suppellettili.
4. Che la priora e tutte le claustrali del monastero in perpetuo avrebbero dovuto godere di tutti i privilegi, le facoltà, le immunità, le prerogative, le concessioni, gli indulti, le indulgenze, i favori e tutte le gratificazioni spirituali e temporali delle claustrali dell’Ordine delle Carmelitane Scalze di Santa Teresa.
5. Che la rendita annua doveva essere di 650 ducati.
Dall’analisi delle visite pastorali dei vescovi, che si susseguirono a reggere la diocesi di Gravina , nel secolo XVIII, da monsignor Maria Vincenzo Orsini a monsignor Michele De Angelis (1714/1818), si deduce che nel primo secolo di vita il monastero delle Carmelitane di Santa Teresa, le vocazioni claustrali fiorirono numerose, fino a superare spesso anche il numero di 21, predeterminato nella Bolla di erezione. La vita claustrale fu vissuta con impegno anche se condizionata da non poca povertà, come attesta il vescovo Lucino.
Nel 1727, essendo aumentato il numero delle professe, il monastero di Santa Teresa non era più in grado di soddisfare le esigenze delle monache ,le quali per altro provenendo da famiglie non molto ricche, non avevano il denaro per stabilirsi in un conservatorio fuori della città di Gravina, pertanto si supplicò il vescovo Ferrero affinchè si trovasse una soluzione al problema. Uomo dotato di zelo e determinazione risolse il problema in tal modo: delle tre cappelle destituite, quella di Sant’Antonio di Padova, Santa Maria del Piede e Santa Maria di Costantinopoli volle che si assegnasse “ prò interim , interamente cum integro statu, et annexis bonis universaliter” quella di Sant’Antonio ed una parte di quella di Santa Maria di Costantinopoli con dichiarazione che tutti i beni della cappella di Sant’ Antonio e parte di quelli di Santa Maria “ex hoc in antea” debbono andare a beneficio del monastero di Santa Teresa per “ via donationes, cessiones, assignationis, translationis perpetue unioni set incorporationis talia qualia”.
La vita claustrale delle Carmelitane Scalze continuò nel secolo XIX sempre più intensa e feconda.
Gli eventi manifestano che essa fu attraversata da due particolari fatti: uno gioioso, l’altro come per tutti gli ordini religiosi d’Italia doloroso.
L’evento che procurò grande gioia fu determinato dal fatto che il corpo di Santa Ciriaca Vergine e Martire era stato rinvenuto il 27 febbraio 1805, nell’antico cimitero Romano di Priscilla, nella villa della nobile famiglia D’Amici, con la lapide di cui conserva copia il museo Vaticano al numero VII e che tradotta dal greco dice che: FAUSTINO COSI’ VOLLE LA MEMORIA DELLA FIGLIA CIRIACA DI NOVE ANNI E DUE MESI.
La preziosa reliqua, da Sua Santità Pio VII, era stata donata al Capitano delle sue guardie, Don Raffaele Pepe. Questi la offrì in dono al Vicario Capitolare della diocesi di Gravina, il Canonico Teologico Giuseppe Laragione, perché la custodisse in venerazione nella sua cappella privata. Il Sacro corpo della martire, quindi sigillato in un’urna placcata d’oro prese la via per Gravina. Il prezioso sarcofago fu portato nella chiesa di San Domenico e successivamente, il 23 luglio 1815 traslato al monastero delle Carmelitane di Santa Teresa e da allora ne furono le fortunate custodi.
Accanto a tanta gioia non mancò di esserci grande dolore.
In seguito alle leggi inique del 1860, il monastero delle Carmelitane fu anch’esso espropriato di tutti i suoi beni immobili, da cui le claustrali traevano il necessario per la loro sussistenza.
Le Carmelitane però non dovevano scomparire dall’anagrafe della diocesi di Gravina.
Verso la fine del XIX secolo la comunità aveva accolto, nel suo grembo, due Carmelitane provenienti dal monastero di Calvello (Potenza) distrutto da un violento terremoto.
Nel 1898 bussò alla porta del monastero la signorina Angela Nardone. La famiglia Nardone era molto stimata e facoltosa.
Nel 1900, la proibizione di ricevere nuove fanciulle , veniva tolta e uno sciame di vergini varcava la soglia del Carmelo.
Nel 1908 fu intimato alle due comunità claustrali esistenti in paese, ovvero alle Domenicane e Carmelitane, di unirsi in unico stabile. Tale convivenza doveva durare fino al 1920, anno in cui le Carmelitane poterono avere un edificio tutto loro grazie alla signorina Meninni, la quale donò alla comunità il suo palazzo patriarcale addossato alla chiesa del Purgatorio. Lo stabile però era privo di giardino e soffocato internamente dalle case circostanti al punto che si dovevano avere sempre le imposte chiuse, affinché le monache non fossero vedute.
Urgeva quindi, un vero monastero, strutturato secondo le esigenze della vita claustrale. Fu l’indimenticabile monsignor Aldo Forzoni che, pur contro il parere del clero, stabilì una permuta tra lo stabile e la residenza estiva dei vescovi che doveva essere il primo nucleo delle Carmelitane Scalze.
La costruzione poté essere ultimata solo nel 1963.
Tratto dalla Tesi di Laurea in Storia della Puglia "Città e Monasteri a Gravina in Età Moderna"
della prof.ssa Nunzia Tarantino