La vertigine del Natale, la vita di Dio in noi
Politica e cultura
La creazione di Adamo, Michelangelo, Cappella Sistina
Giovanni, unico tra gli evangelisti, comincia il Vangelo non
con un racconto, ma con un inno che opera uno sfondamento dello spazio e del
tempo: in principio era il Verbo e il Verbo era Dio. In principio
"bereshit", prima parola della Bibbia, punto sorgivo da cui tutto ha
inizio e senso. Un principio che non è solo cronologico, ma fondamento, base e
destino. Senza di lui nulla di ciò che esiste è stato fatto. Un'esplosione di
bene, e non il caos, ha dato origine all'universo.
Non solo gli esseri umani, ma anche la stella e il filo
d'erba e la pietra e lo scricciolo appena uscito dal bosco, tutto è stato
plasmato dalle sue mani. Siamo da forze buone miracolosamente avvolti,
scaturiti da una sorgente buona che continua ad alimentarci, che non verrà mai
meno, fonte alla quale possiamo sempre attingere. E scoprire così che in gioco
nella nostra vita c'è sempre una vita più grande di noi, e che il nostro segreto
è oltre noi.
Mettere Dio 'in principio', significa anche metterlo al
centro e alla fine. Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni
uomo. Ogni uomo, e vuol dire davvero così: ogni uomo, ogni donna, ogni bambino,
ogni anziano è illuminato; nessuno escluso, i buoni e i meno buoni, i giusti e
i feriti, sotto ogni cielo, nella chiesa e fuori dalla chiesa, nessuna vita è
senza un grammo di quella luce increata, che le tenebre non hanno vinto, che
non vinceranno mai. In Lui era la vita...
Cristo non è venuto a portare una nuova teoria religiosa o
un pensiero più evoluto, ma a comunicare vita, e il desiderio di ulteriore
vita. Qui è la vertigine del Natale: la vita stessa di Dio in noi. Profondità
ultima dell'Incarnazione.. Il verbo si è fatto carne. Non solo si è fatto uomo,
e ci sarebbe bastato; non solo si è fatto Gesù di Nazaret, il figlio della
bellissima, e sarebbe bastato ancor di più; ma si è fatto carne, creta,
fragilità, bambino impotente, affamato di latte e di carezze, agnello inchiodato
alla croce, in cui grida tutto il dolore del mondo.
Venne fra i suoi ma i suoi non l'hanno accolto. Dio non si
merita, si accoglie. Parola bella che sa di porte che si aprono, parola
semplice come la mia libertà, parola dolce di grembi che fanno spazio alla vita
e danzano: si accoglie solo ciò che da gioia. A quanti l'hanno accolto ha dato
il potere di diventare figli di Dio.
Il potere, l'energia felice, la potenza gioiosa di diventare
ciò che siamo: figli dell'amore e della luce, i due più bei nomi di Dio.
Cristo, energia di nascite, nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso. La
sua nascita vuole la mia nascita a figlio. Perché non c'è altro senso, non c'è
altro destino, per noi, che diventare come lui.
Ermes Ronchi, novena.it