La lezione di “vita” del chicco che “muore”
Politica e cultura
Duccio di Buoninsegna, Gesù parla agli Apostoli, Museo dell'Opera del Duomo, Siena
Vogliamo vedere Gesù: domanda dell'anima eterna dell'uomo
che cerca, e che sento mia. La risposta di Gesù esige occhi profondi: se volete
capire guardate il chicco di grano, cercate nella croce, sintesi ultima del
Vangelo. Se il chicco di grano non muore resta solo, se muore produce molto
frutto. Una delle frasi più celebri e più difficili del Vangelo. Quel «se
muore» fa peso sul cuore e oscura tutto il resto. Ma se ascolti la lezione del
chicco, il senso si sposta; se osservi, vedi che il cuore del seme, il nucleo
intimo e vivo da cui germoglierà la spiga, è il germe, e il grembo che lo
avvolge è il suo nutrimento.
Il chicco in realtà è un forziere di vita che lentamente si
apre, un piccolo vulcano vivo da cui erompe, invece che lava, un piccolo
miracolo verde. Nella terra ciò che accade non è la morte del seme (il seme
marcito è sterile) ma un lavorio infaticabile e meraviglioso, una donazione
continua e ininterrotta, vero dono di sé: la terra dona al chicco i suoi
elementi minerali, il chicco offre al germe (e sono una cosa sola) se stesso in
nutrimento, come una madre offre al bimbo il suo seno. E quando il chicco ha
dato tutto, il germe si lancia all'intorno con le sue radici affamate di vita,
si lancia verso l'alto con la punta fragile e potentissima delle sue
foglioline.
Allora il chicco muore sì, ma nel senso che la vita non gli
è tolta ma trasformata in una forma di vita più evoluta e potente. “Quello che
il bruco chiama fine del mondo tutti gli altri chiamano farfalla” (Lao Tze),
non striscia più, vola; muore alla vita di prima per continuare a vivere in una
forma più alta.
Il verbo principale che regge la parabola del seme è
«produce frutto». Gloria di Dio non è il morire ma la fecondità, e il suo
innesco è il dono di sé. La chiave di volta che regge il mondo, dal chicco a
Cristo, non è la vittoria del più forte ma il dono.
La seconda icona offerta da Gesù è la croce, l'immagine più
pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. Per sapere chi sia Dio devo solo
inginocchiarmi ai piedi della Croce (Karl Rahner). Dio entra nella morte perché
là va ogni suo figlio. Ma dalla morte esce come germe dalla terra, forma di
vita indistruttibile, e ci trascina fuori, in alto, con sé. Gesù: un chicco di
grano che si consuma e germoglia; una croce nuda dove già respira la
risurrezione.
“La Croce non ci fu data per capirla ma per aggrapparci ad
essa” (Bonhoeffer): attratto da qualcosa che non capisco, ma che mi seduce e mi
rassicura, mi aggrappo alla sua Croce, cammino con Lui, in eterno morente nei
suoi fratelli, in eterno risorgente. Sulla croce l'arte divina di amare si
offre alla contemplazione cosmica, si dona alla fecondità delle vite.
Ermes Ronchi novena.it