La "Terra Santa" di Gravina in Puglia
Città e territorio
Perché quel triangolo di terra separato dal cimitero comunale dalla statale che porta a Irsina si chiama “terra santa”? Negli ultimi anni si era venuti a conoscenza di qualcosa in più sulla “terra santa”, sia per iniziativa dell’Associazione “La Fenice”, sia per alcuni articoli pubblicati dalla “Gazzetta”. C’era pure l’interesse dell’Amministrazione comunale di recuperare quel triangolo di terra che senz’altro rappresenta un pezzo di storia della città. Tant’è vero che per iniziativa dell’associazione “La Fenice” fu collocata una croce lignea su un piedistallo in tufo, che il primo febbraio del 2000 fu benedetta dal vescovo della diocesi, mons. Mario Paciello.
Adesso don Angelo Casino ci dice tutto sulla “terra santa”, concentrando in un agile libretto di sessantaquattro pagine la storia di questo appezzamento di terreno che dovrebbe essere caro a tutti i gravinesi: tutti potrebbero avervi qualche avo seppellito in questo cimitero che possiamo definire straordinario. Perché qui sono sepolti migliaia di persone fra quelle decedute durante la terribile epidemia di colera del 1870 e quelle che furono colpite da un altro tremendo evento, l’influenza del 1918 conosciuta con il nome “La Spagnola” e che nel mondo attraversato dai venti della guerra, falcidiò milioni di vite umane. Don Angelo trascrive documenti dell’epoca, e da storico di razza, fa rivivere in diretta il crescendo pericolo della “spagnola”, che a Gravina cominciò il 22 settembre del 1918 con la segnalazione di una decina di casi, che a mano a mano diventa un susseguirsi di decessi. Lo storico gravinese non trascura di citare i medici che si prodigarono per limitare al massimo il contagio fra la popolazione gravinese. Ad alcuni andarono anche gli encomi delle autorità dell’epoca.
Dal libro di don Angelo Casino:
Testimonianza diretta. E' la Maestra Rosa Garzone, insegnante di vita, testimone, oggi, lucida e ricca di memorie. E’ nata a Gravina il 14 settembre 1902. Insegnante di scuola elementare, diplomata in Altamura, frequentò le Scuole normali per maestri, nel 1920: volenterosa, attiva, dinamica. Presidente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, negli anni ‘30-‘40-‘50. Mi ha raccontato così, il 24 dicembre 2006: "Studiavo in Altamura nel 1918. Sino a giugno, in Altamura, tutto regolare. Tornata a casa, l'ambiente cambiò e dal 12 settembre la spagnola a Gravina fu maligna. Io abitavo nel palazzo di Amato, quel palazzo di fronte alle quattro fontane, in piazza, oggi, Notar Domenico. Nel primo piano la nostra famiglia, nel secondo un'altra famiglia. Tutte e due le famiglie malate, tranne io che aiutavo tutti. Molto colpiti i rioni di Fondovito, Piaggio e Civita, dove la pulizia non era di casa. Un solo dottore funzionava ed era don Giovanni Lopez, gli altri malati. Come il colera descritto nei Promessi Sposi da Alessandro Manzoni. Morivano famiglie intere. La medicina era il Kinino per tutti. Gli stessi falegnami sospesero il loro lavoro di costruire le bare perché non potevano accontentare tutti. Il Comune prendeva in fitto traini e carrozze i quali giravano per la città a prendere i cadaveri. Allora, i letti, specie dei genitori e degli adulti, non erano sistemati come oggi. I materassi erano imbottiti di paglia ed erano poggiati su strisce di legno di metri 2,30 o tre e larghi 50 cm. Si saliva sul letto con una piccola scaletta. Quelle tavole, durante l'epidemia, sostituirono le bare. Passavano i traini o le carrozze, i cadaveri venivano sistemati uno sull'altro e li andavano a deporre in un luogo appartato del cimitero. Poi, di lì, li prendevano e li portavano nella zona della “Terra Santa".