Il sacrestano - "u sacr'stoin"
Città e territorio
Anticamente in ogni parrocchia c'era un sacrestano. Il sacrestano o sagrestano era la persona incaricata di tenere in ordine la sacrestia, la chiesa ed il loro contenuto. A Gravina c'erano molti sacrestani, veri personaggi della collettività locale. Il sacrestano a volte "comandava", nella chiesa, influenzava il prete nella gestione e nell' organizzavano dell'attività liturgica e non solo. Il sacrestano faceva di tutto: portinaio, campanaro, chierichetto, guardiano della chiesa, confratello, ecc. La giornata del sacrestano iniziava alle prime luci dell'alba. Preparava la chiesa per la prima messa delle sette, accendeva i ceri e le candele, aiutava il prete ad indossare la pianeta sacerdotale, serviva messa, raccogliere le offerte tra i fedeli presenti. Era indaffarato il sacrestano della chiesa nei funerali e nei matrimoni. Riceveva una giusta ricompensa il giorno dopo a titolo di offerta, oltre a quella elargita al parroco. Una "paga" che certamente non era sufficiente a mantenere una famiglia. Il sacrestano, prima della messa o delle cerimonie importanti, "vendeva la sedia" ai fedeli anziani a 5-10 lire. Il sacrestano della chiesa svolgeva un secondo lavoro. Gli anziani gravinesi ricordano il sacrestano della Cattedrale, Vincenzino Rinaldi. Era primo clarinetto nella banda di Gravina. Ci raccontano dei sacrestani di una volta a Gravina: a San Nicola, "Vincenz", a San Agostino, "Nunziet", a Santa Sofia, mest M'gucc u sart", a Mater Gratiae "Tonein", a San Francesco "Giuannein", a San Sebastiano "M'coil", a Santa Maria "Sepp D'min'ch", a San Domenico "Maria Stammelluti" e così via. Il sagrestano conosceva il carattere e la personalità del suo sacerdote. Sapeva ubbidire e allo stesso tempo sapeva come persuadere il prete nelle varie decisioni da prendere. Erano persone semplici i sacrestani, spesso afflitti dalle tristi condizioni di salute, ma capaci di entrare nella memoria collettiva del paese. Spesso sapevano suscitare attenzione e guadagnarsi considerazione. Era un uomo che sapeva industriarsi in mille modi per sbarcare il lunario. Molti fedeli si lamentavano della condotta del sacrestano della chiesa. E lo riferivano ai preti, in confessione. Un aneddoto che ci hanno raccontano degli anziani: "……e in confessione una donna racconta al sacerdote che il sacrestano aveva sottratto cinque uova dal paniere del prete e le aveva nascoste in tasca durante la benedizione delle case. Arrabbiato ed inferocito il prete diede del "mariuolo" al sacrestano, destituendolo dall'incarico di collaboratore nella benedizione delle abitazioni nelle famiglie". Il sacrestano faceva "pesare" ai fedeli e al sacerdote il compito tradizione di azionare le campane della chiesa, specie quella grande. Era una fatica vera e propria. Il lavoro prestato dal sacrestano di una volta veniva considerato come volontariato. Ma la pratica di una professione come quella del sacrestano è pressoché scomparsa. I sacrestani hanno iniziato a diminuire una trentina di anni fa e il trend non si è mai invertito. Ora ne restano pochissimi, concentrati nelle chiese più grandi e dunque più bisognose di cure quotidiane. Le parrocchie devono arrangiarsi per sbrigare i lavori che un tempo erano affidati al sacrestano: custodire, pulire e riordinare la Chiesa, suonare le campane e allestire i paramenti sacri per le celebrazioni. Ma perché si è rinunciato alla figura del sacrestano? Il motivo principale è di carattere economico. Oggi si parla di contratto collettivo di lavoro per i sacristi, di inquadramento, di scatti d'anzianità, di diritti e di doveri insomma. Si tratta a tutti gli effetti di un professionista, al quale bisogna corrispondere quattordici mensilità con annessi contributi previdenziali. L'esborso complessivo si aggira attorno ai ventimila euro annui. Così si sceglie la via del volontariato. I sacerdoti si affidano ai loro parrocchiani disposti a prestare servizio gratuitamente per la loro chiesa. Con qualche signora per le pulizie e qualche pensionato per i lavori di manutenzione e per la custodia il problema è in buona parte risolto.
Michele Gismundo