Il programma di Gesù: portare gioia e libertà
Politica e cultura
Gesù nella sinagoga di Nazareth
Tutti gli occhi erano fissi su di lui. Erano appena
risuonata la voce di Isaia: parole così antiche e così amate, così pregate e così
desiderate, così vicine e così lontane.
Gesù ha cercato con cura quel brano nel rotolo: conosce bene
le Scritture, ci sono mille passi che parlano di Dio, ma lui sceglie questo,
dove l'umanità è definita con quattro aggettivi: povera, prigioniera, cieca,
oppressa. Allora chiude il libro e apre la vita. Ecco il suo programma: portare
gioia, libertà, occhi guariti, liberazione. Un messia che non impone pesi, ma
li toglie; che non porta precetti, ma orizzonti.
E sono parole di speranza per chi è stanco, è vittima, non
ce la fa più. Dio riparte dagli ultimi della fila, raggiunge la verità
dell'umano attraverso le sue radici ammalorate. Adamo è povero più che
peccatore; è fragile prima che colpevole; siamo deboli ma non siamo cattivi, è
che abbiamo le ali tarpate e ci sbagliamo facilmente. Nel Vangelo mi sorprende
e mi emoziona sempre scoprire che in quelle pagine accese si parla più di
poveri che di peccatori; più di sofferenze che di colpe. Non è moralista il
Vangelo, è liberatore.
Dio ha sofferto vedendo Adamo diventare povero, cieco,
oppresso, prigioniero, e un giorno non ha più potuto sopportarlo, ed è sceso,
ha impugnato il seme di Adamo, ha intrecciato il suo respiro con il nostro
respiro, i suoi sogni con i nostri. È venuto ed ha fatto risplendere la vita,
ha messo canzoni nuove nel cuore, frantumi di stelle corrono nelle nostre vene.
Perché Dio non ha come obiettivo se stesso, siamo noi lo scopo di Dio. Il
catechismo sovversivo, stravolgente, rivoluzionario di Gesù: non è l'uomo che
esiste per Dio ma è Dio che esiste per l'uomo. E considera ogni povero più
importante di se stesso. Io sono quel povero. Fiero per fierezza d'amore: nessuno
ha un Dio come il nostro.
E poi Gesù spalanca ancora di più il cielo, delinea uno dei
tratti più belli del volto del Padre: «Sono venuto a predicare un anno di
grazia del Signore», un anno di grazia, di cui Gesù soffia le note negli inferi
dell'umanità (R. Virgili); un anno, un secolo, mille anni, una storia intera
fatta solo di benevolenza, a mostrare che Dio non solo è buono, ma è soltanto
buono.
«Sei un Dio che vivi di noi» (Turoldo). E per noi: «Non ci
interessa un divino che non faccia fiorire l'umano. Un divino cui non
corrisponda la fioritura dell'umano non merita che ad esso ci dedichiamo»"
(D. Bonhoffer).
Forse Dio è stanco di devoti solenni e austeri, di eroi
dell'etica, di eremiti pii e pensosi, forse vuole dei giullari felici, alla san
Francesco, felici di vivere. Occhi come stelle. E prigionieri usciti dalle
segrete che danzano nel sole. (M. Delbrêl).
Ermes Ronchi, novena.it