Il Parco Archeologico di Botromagno
Città e territorio
La città di Gravina in Puglia, a ridosso dell'incantevole Parco dell'Alta Murgia si erge, orgogliosa, sul panorama mozzafiato delle "gravine", con insediamenti rupestri dal passato millenario che affondano le radici dal Neolitico, all'Età del Bronzo, strutturata su grotte un tempo abitate, luoghi preziosi, incantevoli, suggestivi e di rara bellezza, che necessitano di essere valorizzati, unitamente al ricco, vario e raro patrimonio storico, culturale, artistico, archeologico, ambientale e paesaggistico di cui la città può orgogliosamente vantarsene.
A ridosso della città di Gravina, sul "Colle di Botromagno", con oltre 400 ettari esiste un insediamento che oggi costituisce un vero e proprio "Parco archeologico". L'area archeologica di notevole interesse scientifico è denominata anche "Contrada Angellotti", candidata ad essere uno dei tre poli di eccellenza archeologica della Puglia. E' proprio in quei luoghi che la nostra civiltà affonda le radici; luoghi purtroppo abbandonati e misconosciuti da restituire a dignità quei luoghi e recuperare la memoria per il loro valore simbolico e le potenzialità, nella consapevolezza che i principali attrattori del nostro territorio, come possibile volano di un turismo culturale ed ambientale, sono indubbiamente legati all'archeologia, al paesaggio e alla natura.
Bisognerà ripristinare gli antichi camminamenti, dei muretti a secco, delle recinzioni divelte, messa insicurezza degli "scavi a cielo aperto", interventi di restauro delle strutture archeologiche a rischio, oltre che alla cartellonistica ed agli interventi periodici di manutenzione, di custodia e guardiania del sito.
Siti dell'Età del Bronzo sono sporadici; ma, a partire dall'Età del Ferro, un esteso abitato occupa il colle di Botromagno ed il costone della Gravina (zona Santo Stefano). Questo periodo é testimoniato da capanne e frammenti di ceramica dipinti nello stile protogeometrico iapigio comune alle aree della Puglia e della Basilicata. Alla fine dell'VIlI sec. a.C. si datano le prime importazioni di ceramica geometrica greca che diventano più frequenti a partire dalla metà del VII sec. a.C. fino ad essere soppiantate, nel corso del VI sec. a.C., da imitazioni di officine locali e magno greche. Dalla fine del VII e durante tutto il VI sec. a.C. alle capanne si sostituiscono abitazioni a pianta quadrata o rettangolare coperte da tegole e talvolta ornate con terrecotte architettoniche.
Sotto l'influenza dei prodotti greci si trasformano le decorazioni sulle ceramiche di fabbricazione locale: questa fase culturale é detta Peuceta dal nome che i Greci diedero agli antichi abitanti della zona, appunto, Peuceti. Gli scavi hanno messo in luce, oltre ad abitazioni, numerose sepolture che denotano, dalla qualità degli oggetti del corredo, una ricchezza ed un benessere diffuso.
Nel V sec. a.C. si affermano le importazioni di ceramica attica a figure rosse, successivamente soppiantate da produzioni magno greca ricercate per la raffinatezza delle decorazioni. Tra i pezzi più significativi va segnalato un kantharos singolare nella forma, estranea al repertorio attico, decorato con una scena ispirata dall'Iliade ed illustrata da iscrizioni. Col IV sec. a.C. la città si estende fino ad occupare l'area dell'attuale abitato, come testimoniano i rinvenimenti in via San Vito Vecchio e in altre zone della città. Le abitazioni, quasi tutte sostituite da quelle del Il sec. a.C., hanno una pianta molto articolata e, spesso, si affacciano su strade lastricate.
Alle sepolture a fossa e a semicamera si affiancano tombe a camera precedute, a volte, da un dromos. Nella ceramica si afferma il gusto per le decorazioni sovradipinte e per le forme mutuate dal repertorio del vasellame metallico: questa nuova fase, detta Apula dal nome usato dagli scrittori romani, é la più ricca di testimonianze provenienti dai corredi tombali. A questo periodo si datano la poderosa cinta muraria che circonda il parco archeologico e le prime emissioni monetali con leggenda (Sidinon dall'antico nome di Gravina) coniate da una zecca locale.
Probabilmente in questa fase inizia la romanizzazione del sito favorita dalla vicinanza di Venusia.
Durante il II ed il I sec. a. C. in tutto il territorio sorgono diverse "aziende" agricole a pianta articolata e, talvolta, con ambienti intonacati e dipinti. E' probabile che in questa fase l'abitato di Botromagno non abbia perso la sua autonomia e che nella stazione di Silvium, lungo la via Appia, sopravviva il nome di Sidion l'antico centro Apulo.
L'area archeologica di maggior interesse é, senza dubbio, il colle di Botromagno. E' consigliabile l'accesso dalla strada di fronte al Parco Bruno, poiché segue, in parte, il percorso della cinta muraria della fine del IV sec. a.C. Sul colle sono visibili tombe a semicamera intonacate e dipinte databili al V sec. a.C., a camera scavata nella roccia con dromos d'accesso databili al IV e al III sec. A.C. e resti di abitazioni tra cui si segnala una grossa villa del II I sec. a. C. con un piccolo ambiente rivestito d'intonaco dipinto. Lungo il torrente Gravina é possibile visitare l'area "Padre Eterno" dove sono presenti numerose sepolture a fossa databili dalla fine del VII alla fine del IV a. C. , alcuni ambienti ed un'area occupata da fornaci per la produzione di vasi e laterizi.
Particolarmente interessante è la raccolta di oggetti provenienti dagli scavi di Botromagno in esposizione permanente nella mostra "Aristocrazia e mito" presso il Museo Fondazione Ettore Pomarici-Santomasi di Gravina in Puglia.