Il carbonaio - "a la carvuned" - GRAVINAOGGI

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Il carbonaio - "a la carvuned"

Città e territorio
"Nu sak d' carvuned" rappresentava un bene prezioso per le famiglie dei contadini gravinesi. Da ardere nel vecchio braciere durante le giornate fredde d'inverno. "La carvuned" serviva per riscaldarsi, soprattutto. A Gravina avevamo "la frasciour", "u pal'ttein", e "u poit d' la frasciour", al centro delle umide case dei contadini e braccianti. Intorno al bracieri si socializzava, i bambini studiavano il libro e il sussidiario delle scuole elementari. Spesso nel braciere si arrostiva del pane e si riscaldava qualche companatico sotto la cenere calda. In passato l'energia per cucinare e riscaldare la casa proveniva dalla legna e dal carbone di origine vegetale. Quelli che non riuscivano a procurarseli direttamente dalla campagna, si rivolgevano a venditori ambulanti, tra i quali era molto caratteristico il carbonaio. Egli girava per le vie del paese spingendo "la trainedd", un carretto, contenente sacchi di carbone e carbonella, vendendoli a peso (è ancora vivo il ricordo di a Gravina di quel venditore di carbonella detto "Biasoun"). Nel fare queste operazioni di pesatura e di travaso, sollevava tantissima polvere che gli anneriva la faccia e le mani: era "l'uomo nero" per i bambini del rione. A produrre la carbonella era il carbonaio, il mestiere di trasformare la legna in carbone vegetale. Molti contadini riuscivano ad improvvisare la produzione di carbonella per il focolare, altri, per soddisfare le necessità di tutta la famiglia (spesso numerosissima), si impegnavano a produrne in quantità maggiore per poi venderla. La necessità di reperire combustibile da ardere, utile ai bisogni primari della vita, ha stimolato l'uomo a praticare il mestiere del carbonaio. Questa figura, quasi scomparsa ai nostri giorni, era particolarmente presente nelle nostre zone, ben fornite di materia prima. A Gravina infatti abbiamo un bosco comunale di oltre duemila ettari. E proprio "dentro" il bosco comunale i contadini, d'inverno, si improvvisavano carbonai, per ardere rami secchi di alberi e macchia mediterranea. Bisognava avere l'autorizzazione a praticare il taglio e la produzione della carbonella al bosco comunale. Ma molti erano gli abusivi per necessità familiare. Un lavoro faticoso e sacrificato, nel bosco o nelle campagne a produrre carbonella per l'inverno. Il processo produttivo essenziale per la produzione della carbonella: l'accatastamento della legna e la combustione. Una volta raffreddata, la carbonella veniva introdotta nei sacchi di Juta, per poi essere trasportata, grazie agli animali e ai traini nei magazzini degli agrari o nelle case dei contadini poveri. E nelle strade della città per essere venduta alle famiglie in vista dell'inverno. Carbone e carbonella benché ancora presenti nelle nostre case, stanno cedendo il passo a nuovi prodotti energetici come il gas, il gasolio ed il metano. Ma il mestiere del carbonaio è ancora vivo nei ricordi di un mondo misterioso, animato da personaggi immaginari. Una leggenda vuole che la Befana, attraversando i boschi, durante il suo viaggio, si fermi proprio nelle carbonaie per prendere dei tizzoni da portare ai bambini non troppo buoni.
A Gravina, come in altre zone del sud, si faceva anche la carbonella con le bucce delle mandorle. Negli anni 60, forse c'era solo quella: "la carvuneddagross". Costava certamente di più. E non tutti se lo potevano permettere.
Michele Gismundo



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