I santi, compagni di viaggio
Politica e cultura
Due giorni prima di morire in un incidente stradale,
scriveva: «Non è mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare
respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia». Nel
1978 invece, a diciassette anni aveva annotato: «Signore aiutami ad avere
pazienza. Aiutami a non affrettare i tempi. Ma ti prego, fammi capire qual è la
mia strada; aiutami ad accettare la tua volontà su di me». Sono piccoli flashes
tratti dal Diario di Sandra Sabattini, la ragazza, la “fidanzata” come la
chiamano tutti, morta ventiduenne nel 1984 e proclamata beata una settimana fa.
Poche frasi che racchiudono la formula della santità
condensata in un unico ingrediente: il coraggio di affidarsi totalmente
all’amore di Dio, con il solo desiderio di fare la sua volontà, rinunciando a
se stessi. Un’impresa da titani, impossibile con le sole forze umane ma “travestita”
da ricetta semplice, come fanno gli scalatori che salgono sugli ottomila e sembra
che passeggino in collina.
Il segreto dei testimoni autentici del Vangelo sta proprio
lì, nella capacità di presentare come gesto quotidiano, quasi banale, ciò che
invece è straordinario. E ciascuno lo fa a modo suo. Il 23 ottobre ad essere
elevata agli onori degli altari era stata suor Lucia dell’Immacolata, nata
Maria Ripamonti che offrì al Signore la sua grave malattia come domanda di
misericordia per i malati che assisteva in ospedale.
«Apostola» della sofferenza, l’abbiamo chiamata, ed è uno
slogan perfetto, bellissimo, che però non rende la fatica e quindi la grandezza
del suo dono. Le mani sporche, la schiena piegata, l’ingratitudine di chi non
chiede niente e vorrebbe, a parole almeno, essere solo lasciato in pace. E
chissà quante volte sotto il peso della stanchezza e del rifiuto anche i più
vicini al Signore avranno sentito le forze venire meno per poi trovare
conforto, ed è la grandezza dei piccoli, in chi sa indicare la strada per
uscire dal tunnel dell’angoscia. È l’umano che si fa guidare dal Divino, è la
forza di chi accetta di lasciarsi svuotare per essere ricolmato di grandezza.
Troppe volte, infatti, nelle biografie ufficiali, si
presentano i santi e i beati come persone perfette, senza difetti, che
sorridono anche davanti alla prova più dura, quasi che la vita scivolasse loro
addosso, senza lasciare segni o ferite. Non è così, non può essere così. Più
bello invece, o almeno più autentico, indagare tra gli archivi per catturare i
limiti di chi adesso vediamo come modelli. Giganti della fede sì, però vicini,
raggiungibili, che non si chiudono in una gabbia dorata ma vivono in case con
le porte sempre aperte.
Nell’Esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” il Papa
usa un’immagine molto efficace. «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio
paziente – scrive –: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli,
negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati,
nelle religiose anziane che continuano a sorridere». Atteggiamenti di una vita
cavalcata verrebbe voglia di dire, percorsa in pienezza e non subita, che
cresce e si rafforza nella misura in cui impara a pensare agli altri e matura
nella disciplina durissima della misericordia.
Un percorso esemplare nella testimonianza di Giuseppe
Ambrosoli, che diventerà beato il 21 novembre. Medico e sacerdote missionario,
morì di fatica e malattia nel 1987 in Uganda dopo aver messo in salvo dalla
guerra civile tutti i malati cui si dedicava nell’ospedale di Kalongo. «Dio è
amore e io sono il suo servo per la gente che soffre» - diceva.
Il giorno prima di lui, quindi il 20 novembre salirà agli
onori degli altari il sacerdote polacco Giovanni Francesco Macha, martire delle
SS naziste mentre il 6 novembre toccherà a Benedetto da Santa Colomba De
Gramenet uccisi in odio alla fede durante la persecuzione degli anni 30 in
Spagna.
Storie molto diverse tra loro, si noterà, com’è infinita la
fantasia dello Spirito da cui questi “esempi di fede cristiana” hanno accettato
di farsi guidare. Senza mai pretendere di essere loro i modelli da raggiungere
ma indicando sempre e solo il Padre e il Vangelo. «Il santo ti fa ricordare
Gesù perché ha percorso il cammino della vita come cristiano – ha detto il Papa
il 7 aprile –. I santi ci ricordano che anche nella nostra vita, pur debole e
segnata dal peccato, può sbocciare la santità».
Si tratta insomma – sono riflessioni del 1° novembre 2019 –
di figure che ci inducono «ad alzare gli occhi verso il cielo: non per
dimenticare le realtà della terra, ma per affrontarle con più coraggio, con più
speranza». Uomini e donne, giovani e vecchi che ci accompagnano giorno per
giorno nel calendario della vita quotidiana. A cominciare da oggi quando li
ricorderemo e celebreremo tutti nella festa di Ognissanti. Testimoni e profeti
che come raggi caldi ci indicano il sole. E sono compagni di viaggio, amici,
fili tesi a unire la terra al cielo, segnali stradali a indicarci l’unica luce
che resta sempre accesa quando rischiamo di perderci nel buio della solitudine.
Riccardo Maccioni lunedì 1 novembre 2021 avvenire.it