È solo Cristo che rende appassionata la mia vita
Politica e cultura
Consegna delle chiavi (Perugino) Cappella Sistina,
Città del Vaticano
Dopo due anni e mezzo passati con Gesù, in cammino
per sentieri e villaggi, i discepoli vengono coinvolti in una sorta di
sondaggio d’opinione: cosa si dice in giro di me? L’opinione della gente è
bella: Rabbi, sei uno che allarga i cuori, uno bravo, un innamorato di Dio, uno
che guarisce la vita. Gesù lancia una seconda provocazione, stringe il cerchio:
ma voi, voi dalle barche abbandonate, voi dei cammini con me, voi amici che ho
scelto a uno a uno, che cosa sono io per voi? Le sue domande assomigliano a
quelle degli innamorati: quanto conto per te? Che posto ho, che importanza ho
nella tua vita? Gesù non ha bisogno della risposta dei discepoli per sapere se
è più bravo degli altri rabbini, ma per sapere se si sono innamorati di una
almeno delle sue parole, se Pietro gli ha aperto il cuore. Non è facile
rispondere: il primo passo è quello di chiudere i libri e i catechismi, e di
guardare dentro le mie esperienze. Come dire chi tu sia per me Signore? Sei il
mio rimorso, la mia dolce rovina; voce che sale, dice e ridice, e non tace mai,
vento nelle mie vele, disarmato amore. Sei un maestro d’ali. Il secondo passo
per una risposta vera è uscire dall’ovile rassicurante e immobile delle frasi
fatte; via dal prontuario delle affermazioni non sofferte, che sono la rovina
della comunicazione della fede. Perdersi invece nei campi della vita: “in Lui
era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). La Vita è teologa, è
la prima catechista. Pietro risponde: Tu sei il Messia, la mano di Dio, il suo
progetto di libertà. Sei il figlio del Dio vivente, Colui che fa viva la mia
vita, il miracolo che la fa potente, inesauribile e illimitata. La domanda
adesso rimbalza fino a me: perché io gli vado dietro? La risposta è semplice:
per essere felice. Cristo è stato l’affare migliore della mia vita. Che non
vuol dire avere una vita senza problemi o ferite, ma più piena, accesa,
appassionata, vibrante, proiettata: in avanti, attorno, in alto.Nella seconda
parte del brano Gesù capovolge la domanda, in un bellissimo contrappasso:
“Pietro adesso sta a me dire chi sei tu per me: sei pietra e su questa
pietra.... La beatitudine di Pietro (beato te, Simone!) raggiunge noi tutti.
Forse anch’io sono nella lingua di Gesù “kefà”, piccola pietra. Non certo una
macina da mulino, ma una pietruzza solamente. Eppure, per lui, nessuna piccola
pietra è inutile, nessun coccio è da buttare. Dio non adopera macine da mulino,
ma pietre scartate; non ha scelto l’oro per fare le sue creature, ma la creta.
Le sue sono mani di vasaio che premono per dare alla mia argilla la forma
migliore, mani di orafo che preparano una carezza di luce da posare sulle mie
ferite.
Ermes Ronchi avvenire.it