Dio ci salva non “dalla” ma “nella” tempesta
Politica e cultura
Eugène Delacroix “Cristo sul Lago di Gennesaret”, Metropolitan
Museum of Art, New York
Le piccole barche sono al sicuro, ormeggiate nel porto, ma
non è per questo che sono state costruite. Sono fatte per navigare, e anche per
affrontare burrasche. Noi siamo naviganti su fragili legni nel mare della vita,
su gusci di noci.
Eppure ci raggiunge la parola di Gesù: passiamo all'altra
riva, andiamo oltre. C'è un oltre che abita le cose. Non è nel segno del
Vangelo restarsene al sicuro, attraccati alla banchina o fermi all'ancora.
Il nostro posto non è nei successi, ma in una barca in mare,
mare aperto, dove prima o poi durante la navigazione della vita verranno acque
agitate e vento contrario. Vera pedagogia è quella di Gesù: trasmettere non
paura la passione per il mare aperto, il desiderio di navigare avanti, la gioia
del mare alto e infinito.
Nella breve navigazione Gesù si addormenta, sfinito. Io non
so perché si alzano tempeste nella vita. Non lo sanno Luca, Marco, Matteo:
raccontano tempeste sempre uguali e tutte senza perché. Vorrei anch'io un cielo
sempre sereno e luci chiare a indicare la navigazione, un porto sicuro e
vicino. Ma intanto la barca, simbolo di me, della mia vita fragile, della
grande comunità, intanto resiste. E non per il morire del vento, non perché
finiscono i problemi, ma per il miracolo umile dei rematori che non abbandonano
i remi, che sostengono ciascuno la speranza dell'altro.
A noi invece pare di essere abbandonati appena si alza il vento
di una malattia, di una crisi familiare, di relazioni che dolgono, di questa
pandemia. Ci sentiamo naufraghi in una storia dove Dio sembra dormire, anziché
intervenire subito, ai primi segni della fatica, al primo morso della paura,
appena il dolore ci artiglia come un predatore.
Allora ecco il grido: Non ti importa che moriamo? Eloquenza
dei gesti: si destò, minacciò il vento e il mare..., perché sì, mi importa di
voi. Mi importano i passeri del cielo e voi valete più di molti passeri; mi
importano i gigli del campo e voi siete più belli di tutti i fiori del mondo.
Mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che
porti nel cuore. E sono con te, a farmi argine al buio, luce nel riflesso più
profondo delle tue lacrime.
Nelle mie notti Dio è con me; intreccia il suo respiro con
il mio, e «non mi salva “dalla” tempesta ma “nella” tempesta. Non protegge dal
dolore ma nel dolore. Non salva il Figlio dalla croce ma nella croce» (D.
Bonhoeffer).
Lui è con noi, a salvarci da tutti i nostri naufragi,
è qui da prima del miracolo: è nelle braccia forti degli uomini sui remi; nella
presa salda del timoniere; nelle mani che svuotano il fondo della barca. Lui è
in tutti coloro che, insieme, compiono i gesti esatti e semplici che proteggono
la vita.Ermes Ronchi novena.it