Chi è il Cristo che seguo?
Politica e cultura
Pagina a cura di Vito Raguso
Occasione per noi discepoli per approfondire l’identità del nostro Maestro. La nostra sequela deve continuamente essere animata dall’interrogativo fondamentale: Chi è il Cristo che seguo? La risposta a questo interrogativo diventa così motivo di crescita nella fede.
Oggi l’evangelista Giovanni ci addita il Cristo come “l’Agnello di Dio”. L’immagine dell’agnello evoca in tutti noi sentimenti di purezza, di innocenza, di mansuetudine, di pace. Presso tutti i popoli, le culture e le diverse religioni, l’agnello ha richiamato questi significati simbolici. Pensiamo all’antico popolo d’Israele nella sua fase di nomadismo. Immolava un agnello per propiziarsi la fecondità del gregge. Questo rito assume poi una connotazione religiosa al momento dell’uscita dall’Egitto, ad indicare la liberazione. E Cristo sarà immolato sull’altare della croce “verso mezzogiorno”, proprio quando si immolava l’agnello sull’altare del tempio, ad indicare che ormai egli è il nuovo agnello, fonte di salvezza e di liberazione.
Cristo è “l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!". Egli espia i nostri peccati, per impedire al Padre di vedere le nostre colpe. Come fa la madre verso i figli: “copre” le mancanze dei figli per sottrarli all’ira del padre. È questa un’immagine meravigliosa della redenzione operata da Cristo nei nostri confronti. Un’immagine che evoca la “passione” di amore di Dio per noi uomini.
Purtroppo noi uomini abbiamo smarrito la grandezza di questa sublime opera redentrice. Abbiamo perduto la gioia di sentirci perdonati da Dio. Viviamo tutti nella presunzione di innocenza. Riteniamo di non aver peccato,, di non aver nulla da farci perdonare. E Cristo quel sangue sulla croce per chi l’ha versato? Quel velo di misericordia su quali peccati l’ha steso? Abbiamo smarrito la consapevolezza del peccato.
Eppure il peccato abita nel nostro intimo, ci avvolge, ci coinvolge, ci travolge. Non rendiamo vana la redenzione di Cristo. Recuperiamo la coscienza del peccato. Non per un gusto di auto denigrazione, ma per scoprire la grandezza dell’amore di Dio che copre ogni nostra meschinità e ci avvolge con la sua infinita tenerezza. Quanto meno avvertiremo il bisogno di sentirci perdonati, tanto meno percepiremo di essere amati da Dio.
NiLo