Chi accoglie un bambino accoglie Dio
Politica e cultura
Lucas Cranach il Vecchio “Cristo che benedice i bambini” Galleria/Museo: Städelsches Kunstinstitut, Francoforte
Un'alternanza di strade e di case: i tre anni di Galilea sono
raccontati così da Marco. Sulla strada si cammina al ritmo del cuore; si avanza
in gruppo; qualcuno resta un po' indietro, qualcun'altro condivide chiacchiere
leggere con un amico, lasciando fiorire parole autentiche e senza maschere.
Gesù ha lasciato liberi i discepoli di stare tra loro, per
tutto il tempo che vogliono, con i pensieri che hanno, con le parole che sanno,
senza stare loro addosso, controllare tutto, come un genitore ansioso.
Poi il Vangelo cambia ambientazione: giungono in casa, e
allora cambia anche la modalità di comunicazione di Gesù: sedutosi, chiamò i
dodici e disse loro (sedette, chiamò, disse sono tre verbi tecnici che indicano
un insegnamento importante): di cosa stavate parlando? Di chi è il più grande.
Questione infinita, che inseguiamo da millenni, su tutta la
terra. Questa fame di potere, questa furia di comandare è da sempre un
principio di distruzione nella famiglia, nella società, nella convivenza tra i
popoli.
Gesù si colloca a una distanza abissale da tutto questo: se uno
vuol essere il primo sia il servo. Ma non basta, c'è un secondo passaggio:
“servo di tutti”, senza limiti di gruppo, di famiglia, di etnìa, di bontà o di
cattiveria. Non basta ancora: «Ecco io metto al centro un bambino», il più
inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole e il più
amato!
Proporre un bambino come modello del credente è far entrare
nella religione l'inaudito. Cosa sa un bambino? Il gioco, il vento delle corse,
la dolcezza degli abbracci. Non sa di filosofia, di teologia, di morale. Ma
conosce come nessuno la fiducia, e si affida.
Gesù ci propone un bambino come padre nella fede. «Il
bambino è il padre dell'uomo» (Wordsworth). I bambini danno ordini al futuro,
danno gioia al quotidiano. La casa ha offerto il suo tesoro, un cucciolo
d'uomo, parabola vivente, piccola storia di vita che Gesù fa diventare storia
di Dio: Chi lo abbraccia, abbraccia me! Gesù offre il suo tesoro: il volto di
un Dio che è non onnipotenza ma abbraccio: ci si abbraccia per tornare interi
(A. Merini), neanche Dio può stare solo, non è "intero" senza noi,
senza i suoi amati.
Chi accoglie un bambino accoglie Dio! Parole mai dette
prima, mai pensate prima. I discepoli ne saranno rimasti sconcertati: Dio come
un bambino! Vertigine del pensiero. L'Altissimo e l'Eterno in un bambino? Se
Dio è come un bambino significa che devi prendertene cura, va accudito,
nutrito, aiutato, accolto, gli devi dare tempo e cuore (E. Hillesum). Non puoi
abbandonare Dio sulla strada. Perché Dio non sta dappertutto, sta soltanto là
dove lo si lascia entrare (M. Buber).
Ermes Ronchi novena.it