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Politica e cultura
Scendendo, subito dopo la giratoia, un tre quatto porte più in su di Frangisch "uvuttarul", è la casa di Felecètt "la lattoir". Una casetta da nulla tra l'altre umilissime.
A dar considerazione al nomignolo, la si dovrebbe ritenere bottegaia, se non proprio proprietaria di bestie da latte; e invece no, Felecètt è più modestamente l'esercente d'un bene in eccesso di produzione propria. Provvista di un paio d'ingombranti mammelle, e sempre incinta, ella smercia sostanziose poppate a neonati che n'han di bisogno, più volentieri a quelli che son figli di possidenti. Un tanto a "rennetur", per quattro, cinque volte il dì, significa che l'unico componente pelle e ossa della pur numerosa sua famiglia è Mecalìn, il marito, . . . logicamente. E sì, perché il poverino, oltre a fungere da procaccia, s'ha da dare un gran bel da fare a rigonfiare a dovere la moglie.
Condizione di privilegio questo dell'allattamento mercenario; ... e le vicine a contendersi il comparizio, a lisciare, a intricarsi nelle faccende della famiglia: oscenamente, furbescamente, servilmente. E Felecètt, con la camicetta sbotto ata sul petto pronto, a correre ossessivamente avanti e indietro; e Mecalin, tutt'azzimato, a girare per mammare, a "regalare" - perché, mò è, tutti abbiam da campare - e a domandare d'altre eventuali sgravate ricche di borsa ma scarse di latte.
Andrea Riviello, "Piaggio", Matera, 2003