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Città e Territorio
Veniva chiamato lo scultore senza arte, l'operaio della cava ("u p'traroul") che tagliava la pietra e la lavorava con lo scalpello per costruire opere importanti. Ecco lo scalpellino ("u scarpullein"). Le opere dello scalpellino, quasi sempre anonime. A Gravina c'erano diversi scalpellini. Gli anziani ricordano Puccio "u scarpulliein", che si dedicava a lavori artistici come piazze e cordonate per i viali, camini, colonne, pilastri, fontane, archi con i listelli scalpellati a mano e gli spigoli diritti, emblemi di famiglia, muri a "facciavista" dove ogni pietra posata raccoglieva l'arte della sagomatura. Lavorare la pietra è una delle attività più antiche dell'uomo. Un mestiere, quello dello scalpellino, che ha coinvolto intere famiglie, che hanno convissuto con la polvere delle cave, con le fatiche e le malattie di quegli uomini impegnati a staccare la roccia dal monte, trasportarla per poi tagliarla e sagomarla. La storia ci ricorda che gli scalpellini, passando per le cave di pietra e dalle botteghe, avevano imparato la grande arte scultorea. La stessa storia ci racconta come gli scalpellini di Gravina in Puglia erano i più richiesti sul mercato regionale e nazionale, sempre impegnati nel duro lavoro per la costruzione e la manutenzione delle opere civili. Dai davanzali alle cornici delle finestre, dalle soglie alle porte, dai gradini alle balaustre. Tutto doveva essere di pietra, più o meno pregiata a secondo della disponibilità finanziaria del committente. E il palazzo assumeva un aspetto più o meno gradevole, a seconda di come le pietre venivano lavorate, dall'abilità di chi le scalpellava. Questi uomini, molti dei quali sono rimasti sconosciuti, hanno lasciato eccellenti opere nella nostra città di Gravina.
Gli scalpellini non si limitavano solo a costruire opere per l'edilizia, ma anche tutt'una serie di manufatti per l'uso più disparato: dalla cucina agli oleifici, dagli abbeveratoi per animali ai canali di scolo. Gli attrezzi principali del lavoro erano la squadra per definire gli spigoli, tutt'una serie di scalpelli perfettamente affilati e di buon materiale acciaioso, mazze e mazzuoli che venivano di volta in volta usati, secondo la specificità del lavoro. Sempre fra questi lavoratori vanno annoverati i cavatori di pietra, che oltre a estrarre la materia prima del suolo, la preparavano in blocchi per la futura lavorazione. Sia gli scalpellini che i cavatori erano soggetti agli stessi inconvenienti fisici alle mani, ma soprattutto si ammalavano di asma bronchiale, per la grande quantità di polvere che respiravano durante la loro vita.
Attualmente di scalpellini ne sono rimasti pochi, ancora qualcuno continua l'arte, magari accontendandosi di piccole commissioni o fabbricando oggetti di piccole dimensioni per l'abbellimento dei giardini e delle case.
Michele Gismundo