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La compassione è un ornamento effimero che aiuta, ma non cambia l'esistenza di chi la riceve: un prezioso senza valore. La dignità, l'orgoglio d'essere, è invece un utensile di prima qualità, una vera ricchezza dell'animo cui ci si deve aggrappare ogni qualvolta la vita prende a scivolar giù, verso la rassegnazione.
Una considerazione un po' astratta, ma non stravagante.
Con l'andar dei giorni il comportamento delle buone vicine s'è andato piano piano mutando: la loro non è più magnanimità, è tartufismo. Una sfumatura che l'orfanello coglie tutta con gran vergogna. Talvolta succede che i dolori dell'anima attribuiscono a coloro che hanno il corpo afflitto da deformazioni stabili, una forza e una decisione che non posseggono gli individui sani. Sicché per scuotersi dalla mortificazione e dall'avvilente soggezione, Masino si risolve a costruirsi un'indipendenza. Un'indipendenza onorevole, come soleva dire il nonno, volendo intendere ubbidire alla legge morale: essere uomo onesto. Perciò traendosi dietro la gamba morta, a testa alta lo sfortunato ragazzino varca la barriera infame: l'arco puzzolente.
Quel che contempla di là, quell'operosità viva e, che sotto un disordine apparente nasconde armonie profonde, determinano in lui un'improvvisa esaltazione dello spirito. V'è nel cuor suo tanta voglia d'innovarsi, tanta di quella fiducia! Mai più limosinare, mai più; solo pane sudato, benedetto.
E prende a domandar impiego, al bottegaio, al macellaio, allo scarparo, al sartore...
Andrea Riviello, "Piaggio", Matera, 2003

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