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Città e Territorio
Sia il monastero che la chiesa sono strettamente legati al nome di Donna Giovanna della Tolfa, madre del Papa Benedetto XIII, nata a Toritto (Ba) il 18 agosto 1625, ultima discendente della famiglia della Tolfa. Il padre Carlo era duca di Grumo, coniugato con donna Fulvia del Tufo. Fu battezzata lo stesso giorno nella Parrocchiale di San Nicola di Toritto (Bari) e gli furono imposti i nomi di Antonia, Margherita, Francesca, Giovanna. Nel 1633 la Duchessa all'età di sei anni entrò nell'educandato delle suore di Santa Chiara in Napoli, dove frequentò le scuole del tempo fino all'età di diciotto anni. Ritornò a casa e a ventidue anni sposò Ferdinando III Orsini, che ereditò il ducato da suo padre, Pier Francesco Orsini, popolarmente chiamato "Ducapatre", nel 1641. Ella rimasta sola dopo la morte del marito si dedicò con tutte le sue forze ad azioni caritatevoli e alla preghiera e maturando, giorno dopo giorno, il desiderio di dedicarsi totalmente al Signore. Infatti il giorno 21 novembre del 1676 la Duchessa varcò la soglia del Conservatorio. Aveva 52 anni e scelse di cambiare vita e con essa il nome del passato: Suor Maria Battista dello Spirito Santo. Lei volle l'erezione di un nuovo monastero la dove sorgeva un conservatorio di fanciulle povere e un ospedale, entrambi affidati alla Confraternita di Santa Maria del Piede. La duchessa Orsini contò per la realizzazione di questa grande opera dell'aiuto di architetti, scultori e pittori che, nel giro di poco tempo, portarono a termine il monastero, ma anche l'erezione di una nuova chiesa, piccola, ma sufficiente per le claustrali che si fossero rinchiuse. Fu proprio la chiesa per primo ad essere ultimata e consacrata dal cardinale Orsini, suo figlio, nel settembre del 1677, dedicandola alla Beata Vergine Assunta e ai dodici apostoli. Nel monastero visse in povertà e in nessun modo fece trasparire la sua condizione, mettendo da parte la vanità mondana che il suo rango di nobile le consentiva. Rinunciò a tutti i titoli. La sua munificenza verso il Conservatorio però non si limitò a sole pur generose elargizioni, ma una volta varcate la soglia mobilitò tutte le sue possibilità per ampliare la fabbrica e renderla idonea alla vita claustrale. Acquistò degli immobili per il trasferimento dell'ospedale e del Conservatorio e i locali lasciati liberi furono trasformati in maniera adeguata per la vita claustrale. Il Tempio è ad unica navata e conserva il matroneo a grate tipico del tempo. Dopo circa un secolo si pose l'esigenza di ampliare la chiesa e, a spese del Monastero, l'aula fu allungata sul lato della clausura, furono ricostruiti i due altari laterali dedicandoli alla Beata Vergine del Rosario l'uno, e a San Domenico l'altro. Agli inizi del XIX secolo nuovi restauri, la pavimentazione maiolicata e il rivestimento in marmo degli altari laterali. Sull'altare maggiore il dipinto di "Santa Maria Assunta" di Carlo Rosa; sulla porta d'ingresso cantoria a grate e organo del XVIII secolo. La chiesa, a cui si accede da una scalinata circolare, ha facciata a due piani scanditi da lesene e coronamento a raccordi, due grandi oculi ovali e una finestra trilobata terminati nel 1820. Il Monastero possedeva inoltre una notevole quantità di dipinti. Come successo per altre chiese una cospicua parte è passata al demanio dopo le leggi di soppressione, qualche dipinto si può rinvenire in deposito temporaneo presso la Fondazione Pomarici Santomasi. Donna Giovanna si ammalò gravemente, tanto da ricevere l'estrema unzione. Chiedeva con insistenza la presenza del figlio, che arrivò il 21 febbraio del 1700. Il giorno successivo, alle 7,15, sopraggiunse una soffocazione e la Madre Superiora spirò. Il 27 febbraio 1700 si svolse il pietoso rito delle esequie nella chiesa di Santa Maria, dove il figlio cardinale impartì l'assoluzione alla salma. Il figlio della fondatrice, allora cardinale, cantò pontificalmente la messa funebre e impartì alla salma l'assoluzione. Il funerale, un'apoteosi di dolore, non nel senso che ci furono manifestazioni isteriche ed incontrollate, ma nel senso che la classe nobile e quella popolare si trovarono in ginocchio intorno a quella bara di una creatura eccezionale, che con la potenza del suo amore autentico aveva annullato barriere e pregiudizi e che con l'istituzione di un monastero di clausura aveva voluto ricordare agli uomini del potere ecclesiale e civile, lo stile personale della sua vita spesa per Dio e per i fratelli. La salma fu tumulata nella chiesa del monastero di Santa Maria. Attualmente in Santa Maria risiede ancora una comunità di suore di clausura, domenicane.
Fonti:
A. Casino, Papa Benedetto XIII degli Orsini di Gravina, Tipografia Centrostampa, Matera, 2000,
D. Farella, "Di Cristo e della Chiesa più nel Cuore", Gravina, 1978
Fedele Raguso - Marisa D'Agostino, "In Gravina per le vie", Bari 1984
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