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Città e Territorio
Per donare brillantezza e lucentezza alle calzature, giravano per le strade del centro storico di Gravina, alla controra, due personaggi particolari, soprannominati "maestro bell", che riparavano scarpe e vendevano la pomata nera e marrone. Sostavano per qualche attimo negli slarghi del nostro centro antico per contrattare con le donne sulle riparazioni delle scarpe rotte o consumate dalla fatica nei campi dei nostri contadini. Indossavano abiti trasandati e tante scarpe legate al corpo. Con molte scatole di pomata per le scarpe al seguito gridavano: "Pomata nera, pomata nera", per le vie del paese. Erano due fratelli forestieri ma residenti a Gravina. Abitavano in una misera stanza scendendo i gradoni San Michele delle Grotte, a ridosso della fontana pubblica di piazza Notardomenico, oggi tristemente denominata delle "quattro fontane", per il ricordo delle cronache sulla scomparsa e sulla morte dei fratellini di Gravina di qualche anno fa. Erano particolarmente educati quei due uomini nel rapportarsi alle massaie, per offrire loro anche ventagli di latta, utili per la stagione calda. E d'inverno utilissimi per "ventilare" sul braciere della carbonella. Che ardeva nelle case dei cafoni e contadini, dove il freddo si faceva sentire pungente nelle case a pianterreno ("jjs e trois"). Oltre questi due personaggi c'erano altri, uomini e donne, che facevano quel mestiere. Giravano quasi tutti i giorni per i vicoli o le stradine dei nostri paesi. Dove oggi è possibile provare magiche sensazioni tornando con la mente a ritroso nel tempo, a quando il vociare proveniente dai vicoli era quella forma di vita sociale ormai spenta. Era una realtà ricca di tanta fatica, ma anche di tanto acume nell'inventare mestieri singolari. Molto diffusi erano i mestiere di strada, come i lustrascarpe, i venditori di lucidi per scarpe, i riparatori di scarpe vecchie o consumate dalla fatica nei campi. Si guadagnava da vivere lavorando in silenzio per molte ore al giorno e con modi pacati. Esercitava comunque un mestiere con abilità ma restando sempre figli di un mondo povero. Pur se umile era comunque un lavoro dignitoso quello di venditore di lucido per scarpe. Per i sognatori era il numero 64 nella smorfia napoletana dei giocatori del lotto. Mestieri che rendevano pochissimo, nonostante il tempo impiegato, ma che si faceva perché bisognava sfamare la famiglia, come tanti altri lavori che non erano dei veri mestieri, ma solo delle fasi isolate e marginali di alcuni di loro. Resta comunque un ricordo d'altri tempi, come tanti ormai scomparsi, ma che restano patrimonio della nostra tradizione e della nostra cultura locale.
Michele Gismundo