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Il mugnaio - "u mulnoir"

Città e Territorio


A Gravina in Puglia c'erano molti mugnai fino agli anni Ottanta. Con il traino e la carretta trasportavano grano al mulino e farina ai forni. A qualsiasi ora della giornata i mugnai erano li, per strada, a trasportare la materia prima per il mulino: le famiglie consegnavano ai mugnai una quantità di grano ricevendo (dietro pagamento)una certa quantità di farina, semola e crusca. Quest'ultimo derivato del grano veniva utilizzato per uso zootecnico. Quella del mugnaio è una fra le più antiche occupazioni dell'uomo. Al mulino si affiancava a volte il forno per panificare. Il vero mugnaio possedeva buone conoscenze sull'arte bianca: sapeva selezionare con cura il grano per la semina, sapeva preparare con attenzione la farina buona che dava colore e sapore speciale. Un mestiere antico in via d'estinzione, a causa delle produzioni industriali, quelle che hanno schiacciato le antiche macine in pietra a scapito di una farina inevitabilmente non certo speciale. In una società rurale tradizionale, i mugnai erano spesso più ricchi dei normali contadini, tanto da essere fatti segno di invidia e spesso presi di mira nelle rivolte del pane nei momenti di carestia. I mugnai erano spesso in una posizione più forte nei confronti dei proprietari terrieri rispetto ai normali contadini. Un intermediario tra coloro che producevano (contadini) e tutti quelli che consumavano. Il suo stato sociale si poneva tra il popolo e i padroni. Era un borghese, un conoscitore di due mondi. Il primo, quello contadino, di cui conosceva i bisogni, le furbizie, le tecniche colturali, i modi di lavorare, i prodotti. Il secondo, quello dei possidenti, col quale trattava, se non da pari, senza l'ossequio servile dei lavoratori della terra e col quale decideva talvolta le scelte amministrative. Chi non ricorda come ex mugnaio lo stesso sen. Francesco Stefanelli già sindaco di Gravina. Così anche per l'ex sindaco Vito Laddaga, un ex lavoratore nel mulino. I mulini più conosciuti a Gravina erano: Divella in via Giuseppe Divittorio, Ciciolla in via Ludovico Maiorana, Dibenedetto in via Spinazzola, Ivone in via Nicolò Damiani. Davano lavoro a centinaia di famiglie gravinesi. Oggi siamo abituati a comprare la farina nei scaffali dei supermercati e usarla in cucina più o meno quotidianamente. Le farine di grano tenero sono le più usate a livello mondiale nella produzione di prodotti da forno e pasta, ma in Italia c'è anche una buona produzione di farine di grano duro molto diffuse nel Sud per le tipiche caratteristiche climatiche. I mulini moderni sono dotati di appositi silos che permettono di stoccare il grano in maniera sicura e a temperatura controllata per evitare contaminazioni di funghi e batteri. Oggi il grano è costantemente ventilato e pulito mediante getti di aria. In seguito a questo processo alcuni mulini effettuano un lavaggio per eliminare impurità e inumidire i chicchi. Le altre farine ottenute sono classificate con una cifra numerica che indica il grado di abburattamento, cioè vale a dire la percentuale, in peso, di farina che si estrae da 100 parti di cereale, eliminando in vario grado la crusca (di solito è compresa tra il 75 e l'80%). Le farine tipo 2 e tipo 1 sono farine semi-integrali che contengono minori percentuali di crusca Le farine tipo 0 e tipo 00 sono prodotti parecchio raffinati e riconoscibili dal colore bianco candido, caratteristica data appunto dal grado elevato di abburattamento. Contrariamente a quanto si pensi, la differenza fra una farina tipo 0 e una 00 è davvero irrisoria. Il mugnaio era l'esperto, il conoscitore delle tecniche di lavorazione e dei tanti accorgimenti per ottenere quel prodotto così semplice ma così importante per una sana alimentazione come la farina.
Michele Gismundo


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