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Città e Territorio
Le case e le chiese grotte che raccontano ai turisti una storia millenaria
e la miseria dei contadini negli anni del secondo dopoguerra
I Sassi di Matera li ha resi famosi nel mondo il cinema, come il film sulla Passione di Cristo di Mel Gibson. Dal 1993 l'Unesco li ha dichiarati patrimonio dell'umanità. Matera, insomma, visitata nel secondo dopoguerra da Alcide De Gasperi beneficiò di una prima legge speciale perché in quegli anni la gente dei Sassi viveva con il letame in casa e con i letti di granturco.
In quegli anni, nei rioni poveri di Gravina, a Piaggio e Fondovito, c'erano case assurdamente addossate l'una all'altra. Uomini che vivono ancora nelle caverne a Gravina in Puglia, si legge in un rapporto al quotidiano "la Voce" di Napoli del 4 ottobre 1945. Piaggio e Fondovito erano i rioni poveri, i rioni delle grotte, ospitavano circa 5.000 persone, un buon quinto della popolazione. Tetti di tegole e lamiere di stagno riparavano dal sole e dalla pioggia, buona parte di Gravina. Come in tutti i quartieri poveri gli abitanti di Piaggio e Fondovito vivevano appartati dagli occhi dell'altra gente, da quella che vestiva bene. Un tempo nelle grotte viveva tutta Gravina, poi, il paese, che ha una storia antichissima, emigrò verso l'alto. Molti restarono in questi rioni e negli anni della ricostruzione, vivevano come preromani, ed erano tutti comunisti, si evidenzia nel quotidiano napoletano citato. Ogni grotta alloggiava tre, cinque, a volte otto persone. Alle grotte si entrava da porte che quasi sempre erano anche l'unico vano da cui penetrava la luce ed uscivano i cattivi odori. In qualche cavo di muro, nelle grotte, venivano ricavati i camini, quando ciò non era possibile si cucinava e ci si riscaldava su bracieri che ardevano al centro dell'ambiente. All'interno di queste abitazioni, vi era un cassettone, un letto matrimoniale e qualche saccone. Se i figli erano troppi, la sera, si stendeva a terra paglia e sulla paglia una coperta. In quasi ogni grotta vi era il "prigioniero". Era il figlio, il fratello, il padre reduce. Molto spesso i muri delle grotte erano nudi, nemmeno intonacati e l'umido prima ancora di sentirlo sulla pelle balzava subito agli occhi sotto il soffitto. C'erano, a Piaggio e Fondovito, stanze che servivano insieme da abitazione, da stalla e da cucina, ed ospitavano promiscuamente uomini ed animali, donne e ragazzi, giovani e vecchi. Le grotte, seguivano il verso della collina, a gruppi di cinque o sei, davano ora su una terrazzina scavata nella roccia, ora su uno spiazzale di terra, ora sul pianerottolo di una scaletta, lì si adunavano le donne, i vecchi e i bambini. I litigi si susseguivano ai litigi, le voci si perdevano sullo sfondo di Petra Magna, la collina dove all'epoca romana sorgeva Gravina. Tutti i ragazzi giravano a piedi nudi durante l'estate. L'acqua non arrivava a Piaggio e Fondovito e a dorso di uomo, ma quasi sempre a dorso di donna, essa veniva trasportata sotto il sole e la pioggia; a dorso di uomini, invece, risalendo il pendio, si trasportavano così i morti al cimitero. "Passano gli anni, passano i decenni, passano i regimi, si spendono miliardi in cose superflue e ci sono italiani che continuano a vivere in certe case, che non sono case, a vergogna di un paese che vuol dirsi civile" - così sosteneva Manlio Rossi Doria, visitando Gravina, nel 1948. Questi lavoratori dei rioni poveri, tutti comunisti, si ritenevano uomini liberi. Preferivano raccogliere frutti selvaggi, anche di notte, per venderli al mercato. Questo tipo di lavoro toccava farlo anche alle donne, le quali, il giorno riposavano ed accudivano agli affari domestici. Gli abitanti di Piaggio e Fondovito sapevano che un giorno una società più emancipata avrebbe tolto dell'umido i propri figli, per una società di esseri liberi.
Quale futuro per i rioni antichi di Gravina Piaggio e Fondovito?
Michele Gismundo