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Città e Territorio
Nasce a Gravina l’11-5-1878. Seminarista nel 1892. Sacerdote il 23-3-1901: ordinato nella Cattedrale. Il 21 novembre 1907, insieme a don Eustachio Montemurro, da inizio ufficialmente alla “Congregazione dei Piccoli Fratelli del SS. Sacramento”. Il 29 aprile 1910, come cofondatore insieme al Rev. Montemurro, vede la nascita della Congregazione femminile, oggi conosciuta come le Suore del Sacro Costato. Nel gennaio 1914: si stabilisce a Pompei dove opera nell'apostolato presso il Santuario della Vergine del S. Rosario. Nel settembre 1932: rientra definitivamente a Gravina. Il 26 maggio 1933: con bolla Vescovile viene nominato canonico onorario della Cattedrale. Il 14 febbraio 1937: muore per sincope cardiaca. Don Saverio Valerio! Il santo di Gravina! I suoi genitori erano gente di grande fede. La sua mamma sapeva fare solo tre cose: pregare, avere pazienza e avere cura dei figli. Il piccolo Saverio ricevette la prima educazione religiosa in famiglia, più che con le parole, con l'esempio dato dai genitori, ora per ora, con la preghiera quotidiana, con la frequenza alla chiesa, con il lavoro. Fin da piccolo esercitò specialmente la carità verso i poveri e verso i malati. Ormai giovane, il Valerio chiese di essere ammesso tra i seminaristi di Gravina. Si distinse per virtù, disciplina e pietà. Finalmente l'alba incantevole del più bel giorno della sua vita spuntò! 23 marzo 1901! Don Saverio Valerio: “sacerdos in aeternum”! Povero e umile! come Gesù. Visse per gli altri, riversò per i malati tutto il suo amore, nei poveri incontrò Cristo. Quando ogni giorno, per le strade di Gravina, don Saverio Valerio passava circondato da straccioni e da poveri, c'era sempre qualcuno che si divertiva a considerare ridicola quella scena evangelica. Povero tra i poveri, si privava sempre degli oggetti personali, soprattutto in vestiti e in altri indumenti, di cui era prodigo dispensatore non appena qualche benefattore lo avesse provvisto di capi nuovi. Ed il suo amore verso i bambini? Bastava che lo vedessero passare per una via cittadina che subito gli arrivavano d'intorno come un volo d'uccelli. La sua vita fu inebriata di fede e di preghiera. Sentiva possente il bisogno di Dio. Semplice come un fanciullo, mite ed umile, aveva sempre una preghiera sulle labbra ed era un piacere avvicinarlo, tanta era la forza d'attrazione che sapeva esercitare nelle anime. La sua passione fu la Vergine Santa! Nutriva per la Madonna una immensa devozione che inculcava in tutti. La virtù di Padre Saverio raggiunse l'eroismo portando nel suo corpo la Croce di Gesù. Già dal Seminario, da giovane, era stato sorpreso qualche volta a dormire con bastoni collocati sotto le lenzuola. Alla sua morte, tra le cose personali, i suoi intimi troveranno vari strumenti di penitenza e qualche cilicio con i quali era solito cingersi i fianchi, sotto le vesti, sulle nude carni, allo scopo di procurare volontariamente un dolore fisico. Ma la sofferenza più dura la sperimenterà nello spirito, quando - a causa delle fondazioni religiose (Piccoli Fratelli del SS. Sacramento e la Congregazione femminile delle Suore del Sacro Costato), volute insieme al confratello don Eustachio Montemurro - i superiori dovranno costringerlo a rinunciare al meraviglioso apostolato iniziato nella chiesa di S. Emidio in Gravina. Fu l'ora della prova! Don Saverio fuggì da Gravina! Raggiunse il suo confratello, don Montemurro, e si stabilì a Pompei dove diede inizio ad un apostolato presso il Santuario della Vergine del S. Rosario. L'allontanamento di Padre Saverio da Gravina fu una grossa perdita per la chiesa Gravinese. A Pompei fece dono a Maria del suo tempo migliore e della sua preghiera. Chiunque si recava a Pompei per incontrare don Saverio riusciva ad avvicinarlo solo verso mezzogiorno quando il santo sacerdote aveva terminato il suo giro per le case degli infermi. Il più delle volte lo si trovava già in preghiera estatica presso l'altare della Vergine Maria nella Basilica. In Gravina, intanto, popolo e clero lamentavano la mancanza di don Saverio. Pellegrino in un ambiente non suo, esule nella Valle di Pompei, don Saverio doveva tornare a casa sua, in Gravina. S'era nel 1922! Gravina esultava per la nomina del nuovo Vescovo, il francescano Mons. Giovanni Maria Sanna, che già aveva recepito l'eco della santità del sacerdote gravinese. Dopo un primo tentativo, riuscì a convincere don Saverio a far ritorno in Gravina, solamente per la partecipazione al Sinodo Diocesano e al Congresso Eucaristico indetti contemporaneamente. E don Saverio - silenziosamente - lascia Pompei e si mette in viaggio per Gravina che lo accolse trionfalmente. Il Vescovo volle rendergli pubblico merito nominandolo Canonico onorario della Cattedrale. E don Saverio dette inizio all'ultimo periodo della sua vita, che doveva costituire per il Santo l'ascesi nel silenzio e nella mortificazione più intensa. Padre Saverio sentiva che gli anni della vita si accorciavano, che la morte poteva essere vicina. Cercava quindi una forma d'ascesi più austera e più evangelica. Ormai le forze di Padre Saverio venivano meno. Il suo viso si emaciava, giorno dopo giorno. Nelle sue lunghe veglie e meditazioni don Saverio rivedeva con gioia il suo passato di lavoro, di sofferenze, di tormento. Viveva ormai giornate di pace spirituale! Era pronto! Il servo attendeva il maestro! 14 febbraio 1937! ore 23 e trenta! Una sincope cardiaca lo colse d'improvviso. Morì. La sua giornata era terminata. Aveva compiuto il suo dovere. “Gesù mi chiama” furono le sue ultime parole! La salma fu subito rivestita degli abiti sacerdotali ed i primi rintocchi funebri diedero l'annuncio alla popolazione. Fu un baleno: tutti accorsero per vedere, per piangere, per pregare. “L'angelico don Saverio - così scriveva nel suo diario Mons. Sanna - dal cielo protegga la diocesi ed il povero Vescovo che riuscì a riceverlo in diocesi”. La Cattedrale, dove la venerata Salma rimase esposta per due giorni, fu meta d'un pio pellegrinaggio giorno e notte. Tutti vollero una reliquia del P. Saverio, ed il suo abito talare fu ritagliato in minuti pezzi. I funerali ebbero luogo il 17 febbraio ed assunsero una forma plebiscitaria tanto che “La Gazzetta del Mezzogiorno”, il quotidiano più diffuso in Puglia, ne fece un'ampia e dettagliata relazione, pubblicando la sua foto, dal titolo: “La morte di Padre Valerio”. Nessuno capiva se quello fosse stato un funerale, una cerimonia di dolore e di pianto, oppure una festa perché i balconi erano adorni di mille colorate splendide coperte di seta, i negozi erano deserti, le botteghe degli artigiani tacevano e per le strade una folla immensa camminava sopra un tappeto di fiori che piovevano dall'alto, gettati a piene mani da chi si sporgeva dai balconi e dalle finestre delle case per vedere il corteo funebre. Era il trionfo di chi aveva dato se stesso agli altri! Era l'addio che veniva dato al “giusto”! Finiva così la storia umana di P. Saverio Valerio.
Carlo Caputo, SERVI INUTILI, La Chiesa di Gravina e i suoi preti, 1986