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Città e Territorio
CENNI STORICI
Gli antichi gravinesi per raggiungere la Chiesa di S. Tommaso dovevano passare per la Porta di S. Tommaso, a pochi metri di distanza. Lo stesso popolo incominciò poi a chiamare quella Chiesa col nome di San Domenico , essendosi diffusa, per opera dei Domenicani, la devozione al grande Patriarca. Non dimentichiamo che i Domenicani chiesero ed ottennero che S. Domenico fosse eletto patrono minore della città di Gravina, prima ancora di S. Michele, di S. Filippo Neri, S. Felice da Cantalice, di S. Vito. La Chiesa di S. Tommaso divenne, così, la Chiesa di S. Domenico.
La Facciata
Di stile romanico, col tempo fu ingrandita e nel 1590 la facciata fu terminata col frontone, a timpano e con ornamento architettonico costituito, come nei templi classici, da uno spazio triangolare determinato dagli spioventi del tetto e impostato sulla trabeazione, con architrave, fregio e cornice. Lo spazio triangolare aperto da un occhio vuoto sovrastato di ampia rosa, raffigurante lo stemma di Gravina (spighe ed uva) e sottoposta una scritta bellissima che i nostri antichi ci hanno lasciato come un programma ed un avvertimento: “Non est hic aliud nisi domus Dei et porta coeli 1590” (questo tempio non è che la casa di Dio e la porta del cielo 1590). Tra il frontone ed il portale gli antichi vi costruirono una finestra per portare luce alla Chiesa, circondata da un ornamento circolare lavorato sul tufo e con un diametro di metri 2,38. La finestra fu murata quando le Suore fecero costruire il Coro per la Comunità. Nel 1968, durante le celebrazioni decennali della fondazione della Parrocchia, il parroco don Carlo Caputo volle restaurare la facciata della Chiesa e completarla con un tradizionale Rosone, realizzato, su disegno del prof. Angelo Amodio, da un bravo artigiano locale, Filippo Damiani (detto Puccio ). Oggi quel Rosone, come una grande finestra circolare a scomparti radiali, domina la Facciata della Chiesa dandole la caratteristica dell'architettura chiesastica romanica. Sul portale gli antichi domenicani fecero scolpire, sempre sul tufo, una fascia ornamentale rotondeggiante a forma di mezza luna. Caratteristico il Portale della Chiesa. L'elemento architettonico orizzontale l'Architrave o epistilio che poggia sui capitelli delle colonne e sugli stipiti del Portale. La caratteristica delle colonne e dei capitelli sta nella loro lavorazione su tufo duro, con una serie di ornamenti tipici dell'Ordine Domenicano, raffiguranti il Giglio (fiore simbolico), come del resto si può notare anche negli ornamenti marmorei, a mosaico, degli altari principali nell'interno della Chiesa. Ai laterali della Facciata Centrale ci sono due finestre antichissime costruite per portare luce in Chiesa ma finemente lavorate anch'esse su tufo con ornamenti vari. Non possiamo dimenticare il Campanile, costruito, insolitamente distaccato dal corpo della Chiesa, a forma di mitria.
Le celle campanarie sono tre, due per le campane grandi ed una sovrastante a punta per la piccola. Al centro del Campanile figura la scritta A.D. 1701. Si tratterà certamente della data di costruzione, molto probabilmente voluta dal Vescovo dell'epoca, il domenicano Mons. Cavalieri. Ai lati dell'ultima cella campanaria figurano due statue in tufo. Nessun documento ci indica chi esse rappresentino. Abbiamo trovato difficoltà ad interpretarle, a causa delle forme consunte dal tempo.
La figura a destra della cella campanaria potrebbe essere probabilmente quella di Cristo Redentore. La statua a sinistra certamente rappresenta un prelato, essendo raffigurata con la mitria. Si tratterà del Card. Orsini, al tempo Arcivescovo di Benevento? Si tratterà dello stesso Mons. Cavalieri? In alto c' una piccola campana. Delle altre due la più grossa, dal suono possente e contemporaneamente dolce, risale al 1580, periodo storico difficile a causa della dominazione spagnola. Probabilmente i padri domenicani fecero fondere (dall'artigiano Musarra di Acquaviva delle Fonti) quella campana come segno, anelito e desiderio di liberazione per la propria città. Quale liberazione? Sulla campana infatti scolpita una Immagine della Madonna col Bambino e sono incise, in un latino non perfetto, le seguenti parole: Ad mentem santam spontaniam honorem Deo et patrie liberacionem + IHS. Anno domini 1580 Hopus loannis Donati Musarra de Aquaviva . Colui che aveva ordinato la fusione della campana quale significato avrà voluto dare alla parola liberazione ? Un significato politico, anelito di libertà dalla dominazione straniera? Non probabile! Gravina nel 1580 viveva un periodo storico pacifico. Il Vescovo del tempo era Giulio Riccio e in Gravina governava l'ottavo duca degli Orsini, Ferdinando II che aveva sposato in prime nozze donna Virginia della Rovere dei duchi di Urbino, ed in seconde nozze (dopo la morte della prima moglie) donna Costanza Gesualdo, figlia del principe di Venosa. Fu un periodo di grande sviluppo religioso con l'aiuto ed i favori del duca. Avvenne proprio in quel periodo la venuta in Gravina dei Padri Minori Osservanti. Fu di quel periodo la costruzione del loro convento e della chiesa di San Sebastiano, presso la diroccata Abbazia di San Benedetto. E ciò avvenne con il patronato degli Orsini.