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Politica e cultura
In cotta e tricorno, il prete aspetta il morto "sott a Meninn", fuor dell'arco. E sbuffa, e strepita, e va nervosamente su e giù, seguito passo passo da un eccitato chierichetto colla lunga croce innalzata e lo sguardo rapito, affine ad un crociato alla conquista della terra santa. Avrebbe voluto, o forse proprio dovuto, sottrarsi dall'amministrare quell'ufficio funebre, ma cosa si sarebbe detto in giro di lui se avesse ri
sposto che le depravate non ne han diritto? E se anche n'avesse avuto l'ardire, chi mai l'avrebbe poi protetto dall'insolenza di quella gentaglia?
Sono più o meno queste le cogitazioni che se ne van aggirando per la testa del reverendo, quando il piccolo assistente l'avverte che il morto sopraggiunge.
Il corteo è un lento venir mesto, un rimescolìo di gente d'ogni età e sesso: la più bizzarra combinazione di pietà e commozione. Non una corona, non un fiore. Portata a spalla, alla poverella, se ne sale per l'ultima volta, accompagnata dal cuore del suo Piaggio, Mariètt "la scugnoit".
Quella bara, nuda, la più rudimentale, custodisce un'anima. Un'anima sfortunata, un'anima che avrebbe voluto apprezzare di più le gioie della vita.
Un'anima affamata di Sacramenti.... quando, prima di capitolare, han sacrificato tutto di sé nella lotta della vita, i veri vincitori sono loro, i vinti.
Il requiem è sbrigativo, ipocrita, vergognosamente distaccato.
Andrea Riviello, "Piaggio", Matera, 2003