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A rione Piaggio, tutti comunisti e appartati dall’altra gente

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Gravina in Puglia Rione Piaggio


Una bellissima giornata trascorsa nel rione Piaggio. Per fotografare ambienti, paesaggio, ruderi e cunicoli che ti invitano a scovare e snidare tracce di vera nobiltà, quella ricca di dignità umana nella povertà e nella miseria. Con Carlo Cento munito di macchina fotografica, ci siamo praticamente tuffati nel rione Piaggio (rione di Santa Lucia), per documentarci e immortalare immagini da utilizzare sul sito web gravinaoggi.it di quelle case diroccate, di chiese rupestri, di giardini e muretti a secco immersi nell'erba alta, di grotte e cavità, che ci raccontano la storia millenaria e la vita dei contadini negli anni del primo e del secondo dopoguerra. Gli ambienti raccontano di una società stratificata e di una realtà storica significativa per studiosi e ricercatori attenti. Ci siamo dati appuntamento in via Michelangelo Calderoni (soup a Calaroun), per incontrare la signora Francesca Antonicelli e il marito Leonardo Capozzo, fiduciari dell'amministrazione comunale, responsabili delle chiavi dei due cancelli per accedere al rione, da via Santa Lucia e da via San Basilio. Persone gentili e disponibili, innamorati di quel rione in cui vi abitano, disponibili e collaborativi, a titolo completamente gratuito. Il rione Piaggio sorse su di una insenatura del burrone "La Gravina" e trarrebbe la sua origine dal latino "pagus", villaggio abitato e dipendente da comune vicino. Gli abitanti di questo rione avevano abbandonato l'antica Silvium, il colle di Botromagno, a causa delle invasioni barbariche (456-553) che distrussero tutto. Qui vi rimasero, modificando le strutture naturali delle grotte costruendo facciate in tufo più alte dei tetti per fungere da parapetti di sovrastanti strade, sfruttarono ogni possibilità di spazio per ambienti più comodi e confacenti alle nuove esigenze di vita. A fine anni '60 la comunità era ancora concentrata qui, con circa tremila anime. Luoghi sporchi e insalubri. Oggi il rione è tutto evacuato, con muri cadenti e in abbandono totale. Qualche famiglia di extracomunitari, forse, utilizza alcuni ambienti, prima dei cancelli. Mentre la zona sovrastante il Piaggio, cioè via Michelangelo Calderoni, ospita poche famiglie, e si estende fino alla parrocchia San Giovanni Evangelista. "Gli abitanti del Piaggio vivevano appartati dagli occhi dell'altra gente, da quella che vestiva bene, vivevano come preromani, ed erano tutti comunisti e all'interno di queste abitazioni vi era un cassettone, un letto matrimoniale e qualche saccone. Se i figli erano troppi, la sera, si stendeva a terra la paglia e sulla paglia una coperta, Questi lavoratori si ritenevano uomini liberi. Sapevano che un giorno una società più giusta e più emancipata avrebbe tolto dell'umido i propri figli, per una società migliore". Così scriveva un giornalista del quotidiano "la Voce" di Napoli del 4 ottobre 1945. Quel martedì 19 novembre 2014 con gli scatti di Carlo Cento al Piaggio ci siamo dotati di una documentazione fotografica, di fonti storiche interessanti, sia per il sito gravinaoggi.it sia per chi volesse utilizzarle. Sulla strada per il rientro, ci siamo detti: quale futuro avrà il Piaggio? Certo costerebbe "un occhio", in termini economici, il risanamento del rione Piaggio. Siamo convinti comunque che non morirà. Non potrà tornare rione popoloso ed abitato come un tempo, ma certamente continuerà a testimoniare la storia, cioè la conoscenza del passato che ci permette di capire il presente e ci aiuta a proiettarci nel futuro. A patti però che le nuove generazioni abbiano sensibilità umana, civile e, soprattutto amore per la città.
Michele Gismundo


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