La grotta, un focolare domestico millenario - GRAVINAOGGI

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La grotta, un focolare domestico millenario

Città e territorio

La grotta è un luogo di sconfinato fascino che millenni di storia hanno proiettato in una dimensione magica e misteriosa. L'uomo, proprio per la particolarità di questo dono della natura, ha utilizzato le grotte attraverso un uso continuo, che nel corso della storia ha visto affermarsi sia l'aspetto religioso-cultuale, sia quello insediativo civile.
Come anticamera misteriosa di un mondo sotterraneo, la grotta è simbolicamente oggetto di molti culti, miti e leggende. Infatti, l'uso della grotta come tempio e sorgente spirituale è diffusamente radicato in tutte le epoche e in tutte le culture. Dal punto di vista sacro, la grotta è vista come un gigantesco ricettacolo di energia tellurica delle divinità ctonie. Essa è stata identificata da molte culture primitive come archetipo dell'utero materno. Associata ai concetti di nascita e di rigenerazione, è stata perciò vissuta come un regressum ad uterum (ossia un ritorno alla sicurezza del grembo materno) nei miti d'origine, di rinascita e d'iniziazione di numerosi popoli. In queste cavità naturali nascono Cristo, Dioniso, Hermes, Apollo e Mithra.
Nel cristianesimo Gesù nasce in una grotta (a Betlemme) e da una grotta (a Gerusalemme) esce trionfante sulla morte. L'evangelista Giovanni, esiliato sull'isola greca di Patmo, proprio in una grotta, dopo aver ricevuto visioni sconvolgenti, scrive l'Apocalisse. Alcune apparizioni miracolose dalla Chiesa di Roma, tra cui quella della Madonna a Lourdes, si sono materializzate proprio in antri rocciosi. Il rapporto tra religione cristiana e grotte si rafforzò poi attraverso i secoli grazie al fenomeno dell'eremitismo e alla diffusione della tradizione monastica basiliana nelle aree geografiche poste sotto l'influenza bizantina.
Nella filosofia di Platone, la grotta è luogo di passaggio dal mondo delle cose al mondo delle idee, un percorso che permette di accedere a un sapere "superiore". Nella psicologia del profondo la grotta rappresenta l'esplorazione dell'Io interiore, collocato nelle profondità dell'inconscio. La psicoanalisi, invece, ha rivelato una connessione simbolica tra la madre, la donna e lo spazio fisico interno, come la casa, il rifugio, il ventre e la grotta. Nelle credenze popolari, invece, la grotta conduce agli inferi, e per questo diventa il luogo deputato per compiere riti che permettano il contatto con l'Aldilà.
Le particolarità di tutte le manifestazioni legate alla grotta non possono essere costituite prevalentemente dal fenomeno dell'"ingrottamento sacro": l'uomo, nel corso della sua storia ha usato e modellato il paesaggio rupestre riempendolo anche di contenuti economici, civili, culturali, oltre che religiosi. Dalla preistoria alla storia, il vivere in grotta si è configurato come uno fra i modi di risolvere i complessi problemi della sicurezza e della produzione.
Il trogloditismo civile nasce nel Paleolitico medio, quando l'homo neandhertalensis, per difendersi dal freddo della glaciazione wurmiana e dalle bestie feroci, occupò più o meno stabilmente le prime grotte naturali. Nel Neolitico l'homo sapiens sapiens comincia a modellare timidamente la natura, adattando e ampliando artificialmente in parte le grotte naturali per renderle più confortevoli e adeguate alla vita domestica. Per questo le grotte furono modellate e collegate da corridoi artificiali, si costruirono condotti e cisterne per la raccolta dell'acqua piovana, si abbellirono le pareti con pitture.
Le più antiche di queste grotte-case si trovano in Palestina (a Megiddo, a Gezer e a Maresa), in Israele (Beersheba), in Cina (nella regione cinese dello Shanxi); ma anche in Italia, in Puglia (a Gravina in Puglia, ad esempio, e lungo la catena delle Murge), in Basilicata (famose sono quelle di Matera), in Sicilia (a Pantalica, ad esempio) e in Liguria.
Se alcune popolazioni, grazie al ritorno di condizioni climatiche più temperate, abbandonarono le abitazioni rupestri nel Neolitico, altre abitarono episodicamente le grotte per tutta l'Età dei Metalli (all'incirca dal 3000 al 1000 a.C.), altre preferirono restare nelle case-grotte per lungo tempo (ad esempio a Gravina in Puglia e a Matera), dando vita a una meravigliosa civiltà delle grotte che si è protratta sino a metà del Novecento.

Se il periodo preistorico ha conosciuto cavità naturali adibite ad abitazione poco o per nulla modificate dall'intervento dell'uomo, l'età classica e poi soprattutto quella medievale presenta, invece, grotte modificate e adattate dall'uomo. Fu questa una scelta funzionale, rispetto ad altri modi di abitare. Così, oltre le ragioni di tipo difensivo, altre più concrete portarono intere popolazioni a preferire le grotte come habitat domestico, quali la convenienza economica e la mancanza di materie prime come il legno, la natura autoportante della roccia e la possibilità di sfruttare la massa termica del terreno per proteggersi dal clima rigido invernale e da quello caldo estivo. Si sceglievano le grotte più esposte alla luce solare, in genere volte a meridione, vicine possibilmente a sorgenti e a corsi d'acqua, e con l'apertura a sud per i venti caldi e le spalle al nord per ripararsi dai venti freddi. La duttilità della roccia e la facilità di lavorazione con i pochi mezzi e strumenti allora disponibili, dunque, hanno convinto questi popoli a scavare e modellare la natura in forma di abitazioni, luoghi di culto, depositi e cisterne, dando luogo a complesse forme di antropizzazione, veri e propri insediamenti urbani.
Grazie alle opere di molti autori antichi, greci e latini (Senofonte, Annone, Strabone, Plinio, Seneca, Virgilio), si hanno informazioni precise sulla consistenza e la localizzazione degli insediamenti delle popolazioni troglodite in epoca classica. Attraverso le informazioni di questi autori, sappiamo che il trogloditismo civile fino all'Età Classica si concentrava prevalentemente nell'attuale regione climatica subtropicale temperata dell'emisfero settentrionale, comprendente Cina, India, Afghanistan, Iran, Armenia, Anatolia, Palestina, Giordania, Nord Africa. Tra tutti gli insediamenti rupestri, di meraviglioso splendore è quello di Petra, in Giordania, unica città al mondo a essere stata completamente scavata nella roccia.
Nel Medioevo si affermarono ulteriori insediamenti più durevoli dei precedenti in Cina, in Cappadocia, in America settentrionale e in Messico. Si registrò anche uno sconfinamento del vivere stabilmente in grotta, con una relativa maggiore diffusione, verso nord fino al 50° parallelo e quindi anche nell'Italia meridionale, in Spagna, Francia, Balcani, Georgia e Ucraina, fino all'area mitteleuropea. Questo diede vita alla vasta e originale geografia della civiltà rupestre, insediamenti umani con strutture apparentemente semplici, ma che rivelano geniali modelli di efficienza.
Se fino all'epoca classica abitare le grotte significava risolvere i complessi problemi della sicurezza e della produzione, oltre alla realizzazione di valori riconosciuti nella vita religiosa, nel Medioevo tale scelta fu funzionale alle aspettative legate all'esistenza umana. Per questo l'uomo non si accontentò di occupare e adattarsi agli ambienti offerti dalla natura, ma provvide ad apportare importanti modifiche all'habitat naturale, ampliando e modificando il profilo interno, adattandolo alle proprie esigenze. A livello abitativo, quindi, non si registrano significative differenze rispetto alle dimore costruite sub divo.
Con il tempo i villaggi rupestri si organizzarono man mano che si ampliavano, definendo strutture urbanistiche più o meno complesse, con case-grotte articolate e multifunzionali, ambienti per gli animali, strutture produttive e luoghi di culto: nacque la "città trogloditica", in cui l'habitat naturale e quello artificiale scavato, plasmato e modificato successivamente dall'uomo si confondono e si sovrappongono.
Nel nuovo insediamento urbano, interposte alle strutture abitative vere e proprie, il "nuovo troglodita" creò sistemi di regimentazione delle acque fluenti, strutture pubbliche di stoccaggio di derrate alimentari e di acqua, orti, giardini, strade, viottoli, terrazzamenti: in questo modo fu operata una radicale umanizzazione del paesaggio. L'adeguamento delle grotte alle esigenze familiari, ma anche la canalizzazione per il deflusso e la raccolta delle acque, gli indispensabili pozzi di acqua sorgente, le preziose cisterne di acqua piovana, le pratiche scale di comunicazione tra case-grotte e quartieri limitrofi, la particolare viabilità (costituita prevalentemente da sentieri, carraie, adduzioni, gradoni e slarghi), sono elementi tipici della civiltà delle grotte, un'ingegneria urbanistica all'apparenza elementare, ma di grande efficienza e funzionalità. Tutto ciò impone la considerazione positiva di un habitat rupestre fatto di cultura e civiltà propria, con vicende architettoniche e iconografiche delle grotte-abitazioni e, soprattutto, delle grotte-chiese e di ambienti ad esse connesse.
A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso i trogloditi civili sono "usciti" dalle grotte, andando a colonizzare le periferie delle città. Così anche la vita semplice delle comunità rupestri, oggi ha ceduto il passo alla nevrosi moderna. La modernità ha sgretolato per sempre quel grande campo di energia umana che ha contraddistinto tutte le comunità rupestri. La complessità e l'intrigo delle strutture che componevano l'impianto urbanistico, la rete dei rapporti sociali che legavano una casa all'altra nella "città troglodita", sono stati superati dal moderno modello di un vicinato chiuso in se stesso. La città, oggi, si estende sempre in verticale, ma all'insù, e il sottosuolo rappresenta unicamente il luogo relegato alle funzioni secondarie a servizio della vita di superficie. Tuttavia, quasi tutti gli insediamenti nella roccia sono divenuti musei a cielo aperto. Almeno la memoria è stata conservata.
Renzo Paternoster

(Riadattamento dell'autore per "Gravinaoggi" del saggio breve "La grotta, un focolare domestico", in "Storia in Network", numero 188, giugno 2012)

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